PER BX4878 .B84 no. 51-56

Bulletin de la Società d'histoire vaudoise.

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Société d'Histoire Vaudoise

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SEPTEMBRE 1929

TORRE PELLICE TIPOGRAFIA ALPINA

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BUREAU DE LA SOCIÉTÉ

pour ïmiè 1928-1929

Comm. D. JAHIER, professeur fChev. B. LÉGER, pasteur . . D^J. JALLA. professeur . . . . EMILE HENRI TRON, pasteur . Chev. E. AYASSOT, géomètre .

- Président

- Vice -Président

- Archiviste

- Secrétaire

- Caissier

La salle des séances de la SOCIÉTÉ D'HISTOIRE VAUDOISE est dans la Maison Vaadoise.

Les Auteurs des Articles insérés dans ce Bulletin sont seuls responsa- bles de leurs opinions.

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Notizie intorno alla Riforma in Italia

nei secoli XVI" e XVII»

La storia della Riforma in Italia è oramai nota nei suoi fatti più sa- lienti : e sono noti altresì i nuotivi che resero vani i diversi tentativi per un rinnovamento non solo religioso, ma anche morale del nostro popolo. Da un lato la traidXzione cattolica che da Roma s'irradiava su tutta la regione ; la solidarietà completa col papato dei governi, che consideravano i novatori non solo oome eiretici, ma come ribelli alle leggi e li perseguitavano con accanimento, coadiuvando l'opera del- l'Inquisizione ; dall'altro l'ignoranza e la superstizione della maggior parte degli Italiani, paghi delle forme esteriori e degli splendori del culto cattolico. Tutto ciò doveva fatalmente troncare in sul nascere quel moto che da noi, come in Francia, avrebbe per lo meno dato origine ad una minoranza, direi meglio ad una élite intellettuale e morale, che non sarebbe stata senza influenza suUe sorti deUa nazione ed avrebbe sviluppato quel sentimento di libertà e di responsabilità indi- viduale, che pur troppo non si è, salvo nel piccolo nucleo dei Valdesi, formato allora più tardi.

Con tutto ciò il moto fu più diffuso di quanto non si ci^oda comu- nemente ; e sebbene molte testimonianze siano state disperse, come avvenne in Lombardia, ove le carte dell'Inquisizione furono, per un concetto sbagliato di tarda giustizia, date alle fiamme nel 1788, di tanto in tanto gli studiosi tPCfvano, quando meno se l'aspettano, documenti incompleti, se si vuole, ma che ci lasciano intravedere di che lacrime grondi e di che sangue la controriforma cattolica.

11 Fumi nella sua pregevole monografia su l'Inquisizione ixxnana e

10 stato di Milano (1) afferma che le condanne al rogo nella metropoli lombarda, per delitto di luteranesimo, furono rare^ ne ricorda appena una nel 1568, due nel 1569, una nel 1575 ; e soggiunge che se si toglie quest'unico fatto, eioè l'ultima condanna, tutto il resto non appartiene al S. Uffizio.

Da |Dochi dati che sono riuscito a rintraœiare procurerò di dimo- strare come sia per lo meno inesatta l'affermazione del chiaro storico umbro : e ne addurrò alcuni proprio dall'Archivio di Stato di Milano, di cui il Fumi fu per. parecchi anni benemerito, soprintendente. Ivi (2) si eonservauo poche notizie intorno ad un celato Galeazzo da Trezzo, domiciliato a S. Angelo Lodigiano, ove pos'sedeì\'a, come massaio dei conti Attendolo Bdqgnini, 1300 pertiche di terra aratoria e 335 per- tiche di vigneti. Accusato di er-esia, i suoi beni f urono, come si diceva, appresi dal fiscale di Lodi, il quale con lettera del 19 luglio 1551, in- formava la R. Camera di avere trovato in casa sua circa 70 brente di vino, da lui consegnate ai deputati di queUa ten^a. A questa notizia

11 Magistrato Camerale si affrettava a rispondere, il 26 dello stesso mese, ordinandogli di far vendere il vino al maggior prezzo passibile e di spedire il denaro a Milano al raigioniere Giov. Ambrogio Homodeo, che l'avrebbe conseil ato sino a nuo\'a disposizione.

La cosa però non piacque ai feudatari, che si affrettaix)no a recla- mare, chiedendo che la somma ricavata dalla vendita rimanesse in de- posito a S. Angelo, sotto la loro .garanzia, «sapendo che di ragione tal confìsicatione spettava a loro » ; e la R. Camera con lettera del 26 agosto ordinò al fiscale di ottemperare alla loro domanda.

Quanto a Galeazzo da Ti^zzo, le cui opinioni, contrarie al purga- torio, alle preghiere per i defunti, all'eucaristia ed alla confefesione sono state distintamente liferite dal Fumi in un paragrafo che era sfuggito alla mia attenzione, finì dopo varie vicende per essere arso vivo suUïi piazza di Lodi.

In un'altra cai'tella dello stesso Arcliivio, relativa a Pontremoli (3), trovai un fascicblo di dieci fogli, scritto as^sai male, con caratteri del Cinquecento, che porta a tergo questa sola indicazione : IH. Co. Sforila, dal quale tolgo le seguenti notizie :

Il 7 luglio 1538 iJ podestà e giudice del maleficio di Pontremoli, Giov. Maria Rastello, notifica clie per ordine del Senato di MUano l'ei^tà

(1) Luisi Fumi : « L'Inquisizione Romana e lo Stato di Milano ». in Archivio Sto- rico Lombardo. 1910, paff. 191 e passim.

(2) «Feudi Camerali», «Sant'Angelo Lodijfiano ». cartella 520 n. 6. Atti relativi alla confisca dei beni di Galeazzo da Trezzo.

(3) « Feudi Camerali ». « Pontremoli ». cartella 545 a. 3. Processi e confisca di beni.

«del quondam M.r Rafael Aibrico, olim fisico in Castelnuovo et a li giorni passati bruciato (1) per man di iustitia in Milano» è devoluta per un terzo alla mensa arcivescovile, per un terzo aJj S. Uffizio dell'In- quisizione di Milano e per un terzo ai feudatari dei luoghi ove egli possedeva i suoi beni. Ordina pertanto ai suoi cinedi tori o debitori di presentare fra tre mesi i loro titoli ; e lo stesso comando fa ai notai che rogarono o conservano atti relativi ai beni del condannato.

In seguito a questa grida, pubblicata in piaz'za il 31 luglio, si pre- sentò il 6 settembre un certo Domenico Cas'sinario, il quale affermò di avere venduto nel marzo di quell'anno all'Albrici 23 pertiche di terra aratoria, a lire 14 la pertiica, e di aviere avuto da lui solo 102 lire e 10. soldi. Chiedeva pertanto che il fisco gli pagasse il residuo.

AUa sua istanza il sindaco fiscale, iGio\'anni Antonio Ferrari, incar ricato, a quanto pare, della liquidazione dei beni di D. Rafael Albrici « eremonensis », rispondeva il 23 settembre concludendo perchè fosse respinta ; ed il Oassinario tornava a replicare, giurando di essere cre- ditore di Lire 223.

La lite continuò per tutto l'anno e sino al gennaio del 1559, in cui, con la data del 19, abbiamo l'ultima replica del Cassinario, che notifica al Fisco il contratto di vendita e torna ad affermare ohe l' Albrici in vita, lo Stato dopo la sua morte, pagò il residuo del debito (2). €ome poi sia finita non si sa ; ed è poco probabile che, viste le consue- tudini di allora, il creditore sia riuscito a spuntarla.

Del resto ciò a noi iiniporta poco. Ciò due invece conviene rilevare è che da quella vertenza veniamo a conoscere il nome d'un'altra vittima dell'intoUeranza religiosa, d'un altro martire, sinora ignoto.

Chi era costui ? Era di Cremona, ove sin dal quatti'ocento troviamo un Laurentio Albrisio, «decretorum doctor laureatiis presbyter» che si rivolgefva a non sappiamo quale papa per chiedere ora un altare, ora •un benefizio ecclesiastico (3). Era medico a Castelnuovo, non sappiamo se di "Garfagnana o di altro sito, poiicliè il nome di Castelnuovo è molto frequente in Italia. Certo dovette avere interessi oltre che a Pontremoli, in Lombardia, ove per le sue opinioni religiose fu condannato al rogo dall'Inquisizione : il che è dimostrato dalla ripartizione del suoi beni, i quali andarono per un terzo al .S. Uffìzio.

Di lui non sappiamo altro; a meno che lo si possa identificare con

(1) Nel ms. è scritto « busiato »..

(2) « niec ipse albricius nasiduum pretij solui't in vita nec fisdus successiue post eius mortem ».

(3) Anchivio di Stato di Milano, rami^lie cart. 3a. Famiglie e Albera (dell')- « Allotti ».

un eretico ricordato in un manoscritto interessantissimo della Biblio- teca Ambrosiana (1), ove sotto la data del 18 luglio 1558 troviamo questa annotazione: «Abbrucciati in CBrolett» un Frate Rafaello d'Al- disi da Cremona e un Francesco di Arnade di Vioen'za, intagliatore di legnami, sotto TofiBizio della ss.ma Inquisizione /Però il raccoglitore non è sicuro della esattezza dei nomi e agjgiunge fra parentesi : o siano di cognomi Asirei ed Amade. La stessa notizia si ritrova in un altro registro, pubblicato in parte da Matteo Benvenuti (2), ove troviamo : adi 18 gennaio, giustizia fatta in Brevetto, fu abbruggiato un frate Raffaello d'Aldisi da Cremona e un Francesco d'Amadè di Vicenza, intagliatore di legnami sotto l'Off-o della S.ta Inquisizione. Ora, oltre âJla data, sia di gennaio, sia di luglio, cftie non corrisponde al dbcumento di Pontremoli, ove si dice che l'Albrici comprò terreni nel mese di marzo, rimane la differenza di cognome : Aldisi o peggio ancora Asirsi, e il fatto che costui è un frate e non un fisico, cioè un medico, che sembra difiScile non fosse! laico. Lascia però forse qualche dubbio nel nostro animo il nome di Raffaele e la provenienza da Cre- mona per l'uno e l'altro. In ogni modo se non si tratta deUa stessa persona, ne risulta che l'Inquisizione fece ardere a Milano nel 1558 non uno, ma tre disgraziati (3).

Esaminando lo stesso manoscritto dell'Ambrosiana troviamo altre in- dicazioni, alcune delle quali sono anteriori alla Riforma e si riferi- scono forse a Valdesi o a qualche setta eretica ; poiché la pena del fuoco veniva sempre applicata a costoro, ai sodomiti, ai falsi monetari e alle streghe : ed in questi tre ultimi casi la coipa è sempre chia- ramente formulata.

Così il 16 giugno 1480 fu abbruciato in Broletto un Andrea da Parma. Il 7 maggio 1486 fu impiccata e poi arsa in (Broletto una Gio- vannina da Bergamo. Il 23 gennaio 1489 ebbero la stessa solate Maria da Tortona, ni.r Jacobo di Francia, Andrea Pellabocca ed un suo far miglio, di nome Leonardo. Il 16 giugno 1491 fu abbruciato in Bro-

(1) « Sentenze capitali raccolte dal P. F. Benvenuto da Milano. Min. Oss. Rifor- mato della Provincia milanese ». voi. I. Incominciando dall'anno 1471 inclusive sino inclusive all'anno 1659. pas. 131.

(2) « Come facevasi ariustizia nello Stato di Milano dall'anno 1671 al 1763 ». in Ar- chivio Storico Lombardo, anno 1882, pp. 442r482.

(3) n Ms. dell'Ambrosiana e quello che fai esaminato e riassvmto dal Benvenuti derivano dalla atessa fonte, cioè dal Registro della Confraternita di San Giovanni Decollato alle Case Rotte, che non si sa dove sia andato a finire. Però il primo deve •8sei« più completo : a meno che il Benvenuti non abbia nel suo studio tralasciato parecxshie notizie. Deve essene anche più esatto per le date, come si v«de ad e*. neU'indicazione del 18 luglio e non del 18 sennaio 1558. Entrambi appartengono alla seconda metà del secolo XVIIIo.

letto Giacomo da Parma, il 16 maggio 1498 maestro Ambrogio da Mede, il 20 maggio 1501 Giacomo da Casti^ione e Francesco da iMilano. Il 23 febbraio 1503 fu arso alla Vetra Angelo di Qribello o Crivelli, appar- tenente forse ad una iQustre famiglia lombarda. Il 29 gennaio 1S06 fu abbruciato a S. Eustorgio Donato da Castiglione o forse Castiglioni ; U 26 settembre 1506 in Broletto ^Bovino del Triolo o forse del Tirolo ; rs aprile 1511 uno d€»tto l'Arrubino, che il boda credeva di avere stroz- zato ; se non che il disgraziato, portato nella chiesa di S. Giovanni aUe Case Rotte, mentre gli si facevano le esequie, si riebbe, chiese e ottenne da bere : indi, dopo essere sopravissuto quattro ore, morì ed il suo cadavere fu dato alle fiamme.

Il 13 febbraio 1515 fu abbruciata a S. Eustorgio una Giov^annina, a cui accenna anche il Benvenuti (1). Il 23 gennaio 1518 furono arsi in Broletto un Lorenzo, un Giov. Pietro ed un Antonio, di cui ignoriamo i cognomi. Il 24 luglio 1519 fu abbruciata a S. Eustorgio una Susanna Osterà, la quale era di Porta Comacina, appresso il Carmine. Il 20 no- vembre dello stesso anno fu arsa in Broletto Caterina Scaccabanozzi ; il 7 marzo 1521 fu arso uno sbirro, detto il Tradarino o Fraderino ; il 16 agosto 1523 neUa Piazza del Duomo un ni(pote di Gasparo da Lodi, che alla sua volta fu impiccato in Broletto. Il 22 febbraio 1526 fu abbruciato in Broletto un Giovanni da Gallarate o forse Oallarati ; il 29 marzo dello stesso anno un Francesco, detto il Capignono ; il 5 settembre 1334 un Antonio Seggionaro (sic) ed uno detto il Tamborino di Porta Vercellina. Il 21 ottobre per giudizio del tribunale dell'In- quisizione fu arsa in S. Eustorgio Lucia da Lissono, o Lissona, e fu sepolta dietro alla muraglia del cimitero. Il 28 settembre 1543 fu abbrai- -ciato in Broletto il signor Giacomo Lignano, notaio del R, Offizio del Capitano di Giustizia, ma messo nelle carceri del podestà : il suo cada- vere fu portato a S. Giovanni, indi fu trasferito a S. Lorenzo. Il 23 maggio 1545 fu arso in Broletto Francesco da Moro, o Moro, novarese, detenuto nelle carceri del Capitano di (Giustizia.

Nel funebre elenco si ha sotto la data del 14 febbraio 1548 questa annotazione : « Sospeso in 'Broletto un Francesco Burla Mazzo da Lucca ed un Francesco Rodarizzo, spagnuolo, il qual rubò il calamajo d'ar- gento a Don Ferrando Gonzaga». In questo modo sono stati appaiati un ladro volgare ed il grande idealista Francesco Burlamacchi, poiché si tratta proprio di lui, il quale pagò con la vita il nobile sc^no di redimere la sua Toscana dalla senitù politica e morale in cui era ca- duta col trionfo dei Medici, e fu il -capo di quel tentativo di riscossa reli-

(1) op. cit.. pas. 446.

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giosa che ebbe per risultato l'esilio di tante nobili f amiglie lucchesi : i Burlamacchi, i Turrettini, i Calandrini, i Diodati, che trovarono fra- terna accoglienza nella città di Calvino (1).

Il 29 agosto dello stesso anno fu abbruciato in 'Broletto un Pietro d'Appiano.

Indi venendo al periodo classico deUa Contro Riforma, che com- prende la seconda metà del secolo XVI<* in cui il cattolicismo, riorga- nizzato dai decreti del Concilio di Trento, sotto l'impulso di papi, come Paolo IV e Pio V, iniziò, ove gU fu possibile, una guerra di sterminio contro i protestanti, troviamo che l'S luglio 1559 fu arso in Broletto un certo Battista Baste o ^ia Bastaro, da Porta Vercellina, e fu portato al terracchio (2).

Il 20 dicembre 1568 figura abbruciato in Bordello un prete, sotto l'offizio di Monsignor Illustrissimo Arcivescovo Borromeo, che era, come si sa, il pio e non mite S. Carlo. Il 23 luglio 1569 furono abbruciati in Bordello un frate da Brera (cioè probabilmente un Umiliato) e un Giorgio PUatore «li quali erano luterani e furono sepolti in 'Bordello sotto l'ofiBzio dell'Illustrissimo Signor Cardinale Borromeo», cijoè del solito S. Carlo. Il 9 novembre 1573 morì neUjo stesso loiogo e nello stesso modo un messer leronimo, detto Chierico, Procuratore di Pavia, de- tenuto neil'Offi'zio del podestà. Il 15 igiugno 1575 fu arso fuori di Porta Ticinese un Battista per Eretico Luterano e fu sepolto al patibolo sotto l'Offizio della SS.ma Inqiuisizione (3;). L'il dicembre 1586 la stessa sorte toccò a Giacomo di Castiglione (o Castiglione).

Il lo ottobre 1587 fu abbruciato fucxri di Porta Ticinese Giulio Palla- vicino, della Pieve d'Incino, per Eretico sotto rOflBzio deOlla SS.ma In- quisizione e del signor Capitano di Giustizia. Pare che il disgraziato avesse 'già avuto a che fare col tremendo tribunale, poiché l'autore soggiunge : « Fu messo sul Palco in Duomo negli anni 1565 e 1573 e l'anno 1587 fu morto. Per essersi confessato e comunicato fu portato alla sepoltura in S. Giovanni Decollato». Però se costui si spaventò di fronte alla morte ed ebbe onorevoli esequie, non avvenne lo stesso nel secolo seguente, cioè il 7 luglio 1621, in cui troviamo quest'altra indica- zione : abbruciata viva aUa Vetra Paola Poletta Visentina per Rinegata Cristiana, menata dalla Valtellina. Non vi fu modo pei' esortazioni dei P.P. Capuocini, d'altri Religiosi che ritornasse alla Cattolica Fede, onde non vi andò la scuola (cioè la Confraternita di S. Giovanni De- ci) I biografi del Burlamacchi scrivono ch'egli fu decapitato. Da questa testimo- nianza risulterebbe che fu impiccato : il che è for»e più probabile.

(2) pag. 132.

(3) pHK. 158. 1C5, Cfr. A. S. L. e Fumi. op. cit.

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collato) e fu abbruciata viva, lanciandola Incenerire (1) e gettandone gli avanzi nell'acqua : detenuta nelle R. Carceri del Sig. Capitano di Giustizia.

Il nostro cronista ricorda ancora iGugliebiio Rossi, detenuto nelle carceri del podestà, e Giox-anni Maggio, detenuto nel R. Ufficio del Ca- pitano di Giustizia, arsi entrambi i^er un motivo ch'egli tace, in Bro- letto il 22 giugno 1616 : il capitano Giulio Ce.sare iCrivello, detenuto nelle carceri del podestà, abbruciato alla Vetra «per suoi misfatti». Il 6 febbraio 1645, per ordine del Go\-ernatoi^ di iMilano Antonio Sancio d'Avila, Toledo e Colonna, mardiese dii Velada, fu strangolato e arso alla Vetra Ludovico Mazza, della Compagnia del capitano Mazza. Ed infine il lo luglio dello stesso anno furono str-ozzati e arsi alla Vetra Alessan- dro di S. Ambrogio, o S. Ambrogio, di Reggio, e Gio\'. ^Battista Cliieri (sic), lorenese, detenuti nel R. Offizio del Capitano di Giustizia.

Non risulta che costoro fossero eretici ; ma siccome manca qualsiasi indicazione intorno aUa lor-o colpa, che è sempre specificata in altri casi, ò probabile che anche essi abl)iano pagato il fio delle loro oi^inioni religiose.

Del resto questo elenco deve essere tutt'altro che completo, giacché lo stesso 'Benvenuti osserva che ha solo trascritto le sentenze registrate e soggiunge che ha assai ragione\-ole fondamento di dubitare che non lo siano tutte, ma che, massimamente per i tempi antichi, alcune siansi dimenticate.

Quanto poi alle esecuzioni si vede che le autoaitii sole!\ano farne go- dere, forse a scopo di ammonimento, i vari quartieri di Milano : giacché se si face\^ano per lo più in Broletto, cioè nell'odierna ^'ia Mercanti, altre a\Tenivano in Bordello, cioè nelle carceri del capitano di giustizia, poste tra l'odierna Piazza Fontana e la chiesa di S. Zeno, ove prima sorgeva una casa di prostitute che aveva lasciato il brutto nome a quella località ; altre alla Vetra, vicino al Cor?o Ticinese ; altro infine a S. Eu- storgio, in fondo allo stesso Coi'so.

Dopo il 1645 non tioviamo più alcun cenno intorno agli eretici mila- nesi, oramai estii-pati col ferro e col fuoco, o fuggiti in Isvizzera : di- modoché l'autorità giudiziaria, oltre ai delinquenti comuni, non ebl^e più da infierire che contro le streghe e gli untori.

Ci siamo occupati sinora delle i^ersecuzioni e delle sentenze di morte avvenute in Milano, le quali si estesero senza alcun dubbio a tutta la

(1) Da ciò si vede che altri, dopo che erano morti tra le fiamme, erano ancora in condizioni da poter esser sepolti, come a\'venne ad es. a Giulio Pallavicino.

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regione lombarda, soggetta agli Spagnuoli. Vediamo ora quale sia stata la sorte delle nuove dottrine nella piwvincia di Bergamo, passata sin dalla prima metà del Quattrocento sotto il governo della repubblica di Venezia,

Ivi pare che l'eresia, già largamente diffusa nel Medio Evo, si fosse conservata sino al principio del secolo XVI^*; poiché il 9 lujglio 1507, sopra le istanze del frate Lodovico Michel, priore del monastero di S. Stefano, dell'ordine dei Predicatori, il Governo ordinava ai Rettori di dare aiuto ed assistenza al Padre Inquisitore per sradicare l'etresia che si trovava in alcune montagne di quel territorio (1).

Però nei primi decenni del secolo XVI'^ Venezia, per le relazioni poli- tiche e commerciali che la univano alla Germania ed al paese dei Gri- gioni, ove le nuove dottrine si andavano diffondendo rapidamente, non si curò d'intervenire con molta energia. Studenti, viaggiatori e mer- canti tedeschi e svizzeri si recavano liberamente a Padova e a Venezia, ove la stampa diffondeva scritti di Lutero e di altri Riformatori, che daUa Valtellina penetravano altresì facilmente nel territorio bergamasco per le Valli Brembana e Soriana : il che spiegherebbe come si siano formati nuclei di dissidenti nei più remoti villaggi, come Valleve e Ar- desio, in cui troveremo alcune tracce di eretsia.

La diffusione degli scritti luterani dovette essere così notevole^ che sin dal 1527 il Vescovo di Bergamo, Pietro Lippomano, si adoperò per impedirla (2).

Il 17 febbraio dello stesso anno il suo vicario generale canonico Baiv tolomeo Albano, in un'accusa di eresia contro un prete di Bergamo, Se- bastiano de Gavaris, delegava i suoi poteri all'inquisitore, P. Giovanni de Ceresoli, non sappiamo con quale risultato : come pure ignoriamo l'esito d'un processo intentato sotto di lui a Giov. Giacomo de Tertio (appartenente forse alla famiglia' dei marchesi Terzi, tuttora esistente), accusato di avere rilegato di notte libri sospetti e proibiti, portati dalla Germania e da Basilea da Bartolomeo Stampa, allora defunto. Fattasi una perquisizione in casa sua in borgo Pignolo, vi si trovarono libri di Ecolampadio su Isaia, di Giovanni Bugenhagen «il Pomerano», sul Deuteronomio, di Zvvingli sul Nuovo Testamento, di iMelantone e BuUin- getr sulle epistolfc di S. Paolo, che il Lippomano fece portare alla sua cancelleria. 11 De Tertio, che era professo dell'ordine di S. Benedetto, ma viveva fuori dal convento, per concessione della Sede Alpostolica,

(1) Biblioteca Civica di Bereramo. Angrelini : « Sommario delle Ducali in CaiiceUeria Pretoria ». Manoscritto del secolo XVIIIo. pas. 220. A questo volume ho attinto una gran parte delle notizie che si trovano in Questo studio.

(2) Pastor : « Storia dei papi », Roma, Desclée e C„ 1923. t. IV, parte II. pas:. 496.

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fu arrestato ; e, minacciato di tortura, confessò di avere avuto, special- mente negli ultimi cinque anni, le opere di Lutero sulla Cattività di Babilonia, sulla pretesa venuta a Roma di S. Pietro, e sulle millanterie del papa di eteserne il successore, il trattato De dwpiici iustitia e queUo contro l'esecrabile bolla dell'Anticristo : altri libri sulle epistole di S. Paolo, sul Magnificat, sul salmo VII, su alcune risposte ad una con- danna pronunziata contro di lui e le risoluzioni luterane alla disputa di Lipsia. Aveva pure avuto opere di Ecolampadio, Zwingli, ecc., di cui molte erano state da lui lette ed annotate ; ed aveva venduto ad un con- cittadino il trattato di Lutero De servo arbitrio (1).

Appartiene forse allo stesso periodo una carta in cui sono enumerate le dottrine contrarie al cattolicismo, professate da un anonimo, che defi- nisce ad esempio le preghiere per i morti in questo modo : « Inventio Grandi prò mortuis est iudicio mio (ut vulgo dicitur) una trufa, dum- taxat ad quaestum magnum eorum, qui dicunt se orare ».

L'autore arrestato, a quanto dice il curioso documento conservato negli archivi deUa Curia Vescovile di Beiìgamo, rifiutò di ritrattarsi e fuggì.

Come si vede, le dottrine riformate avevano trovato aderenti, special- mente tra gli ecclesiastici, più propensi alle disquisizioni teologiche. All'opera di costoro si aggiunga quella dei soldati mercenari, svizzeri e tedeschi, arrolati da Venezia per le sue frequenti guerre. Questi, se- condo l'Ucc-eUi, erano luterani arrabbiati : tanto che nel 1525 incen- diarono pai^ecchie chiese e posero la loro stanza nella cattedrale di S. Alessandro, a cui recarono van danni, spogliandola, tra l'altro, delle campane : il che fruttò una severa punizione al loro comandante, conte di Caiazzo.

Alle milizie mercenarie, accenna pure un eiaidito iDCigamasco del Seicento, il P. Donato Calvi, nei termini seguenti, sotto la data del 4 settembre 1529. « Con honore di tutta la città si trtìuorno in varie parti affissi cartelli ei^ticali, denigranti la purità della cattolica fede, c-ontn) il Sommo Pontefice, contio la verità del Purgatorio, contro le sante imagini e contro l'inuocatione de Santi. Ne fur trouati sopra la porta del Duomo, alla Cittadella, a Porta Pinta, in Pignolo ed in Borgo S. Leo- nardo. Altamente si commos.se la città ad una tanta empietà, et benché ne fosse ascritta la cagione à soldati eretici, de quali abbondauano le

(1) Abate Pier Antonio Uccelli: «Dell'eresia in Berg^amo nel XVIo secolo», in < La Scuola Cattolica ». Milano 1875. pasr. 222 e szz., U quale lo intitola : £>e « suo » arbitrio, il che è un solcane syroposfito : a memo che non si tratti d'uno dei tanti svarioni tiposnafici ch& infiremmano lo studio dell'abate ber8ramajsco>. da cui tolsrtt queste <e puxeccbie altre notizie.

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compagnie in Bergamo essistenti, pur non mancorno il Vescovo ed In- quisitore di farne diligente processo per venir in cognitione de delin- quenti, postaul anco il Prencipe la mano che leuò tutti que' soldati, de quali si potesse formar giudicio di qualche reità in questo partico- lare » (1). Come si vede, si tratta d'una vera affaire des placards, affine a quella che nel 1534 sorprese ed irritò i «cattolici parigini ed il re Francesco I, i quali corseix) ai ripari con le processioni espiatorie e coi roghi. Però non sembra che U Consiglio dei Dieci se ne sia oltreniodo preoccupato, poiché nel marzo dell'anno seguente rifiutò esplicitamente di procedere contro i novatori, per la ragione clie quello della Repub- blica era territorio libero (2).

Così l'eresia dilagava sempre più ; tanto che nell'ottobre 1532 Gian Pietro Carafa, il futuro riorganizzatore dell'Inquisizione, indirizzava da Venezia a Œemente VII un lungo memoriale, in cui lamentava la crescente diffusione dell'eresia, il disprezzo per le pratiche religiose, la lettura dei libri proibiti (3) ; però l'opera sua e quella degli amba- sciatori di Carlo V, i quali avevano chiesto sin dal 1530 die i luterani ed eretici non fossero accolti nel territorio veneto, s'infranse contro l'opposizione del Consiglio dei Dieci, che, secondo il Sanuto, rispose : « Quanto a li lutherani et herettici 1' Stato et dominio nostro è Ubero et però non podemo devedarli » ; sebbene uno del Coasiglio, Alvise Moce- nigo, fosse 'stato favorevole alle proposte dell'imperatore «per esser cosa pertinente alla fede Christiana» e avesse soggiunto che la repub- blica era sempre stata cristianissima e li a\T.'ebbe, occorrendo, persegui- tati, come aveva sempre fatto (4). Si accontentò pertanto per aUora di lasciare che i vescovi procedessero contro costoro per proprio conto.

Così a Bergamo si ebbe nel 1533 un processo contro Domenico di Ni- cola Cattaneo, sacerdote bolognese di 26 anni, che era stato condotto da un altro prete nei dintorni di Ginevra, ove era rimasto due anni. Tor- nato in Italia, era stato ospitato nel -convento dei cappuccini, ove fu arrestato ed esaminato dal dottor Giov. Paolo Oliva, dall'auditore del Lippomano e dal nobile Marco Beretta. Essendiosi egli pentito, Mel- chiorre Crivelli, vescovo di Tagaste, lo condannò al digiuno a pane e acqua, da osservarsi per un anno, «in sexta feria» e a chiedere per^

(1) « Effemeride saero profana ». Milano, Francesco Vieone. 1876. Voi. lU. pasr. 116.

(2) Sanuto Diari, t. LUI. coJ. 65-66. Cfr. Pastor. op. cit.>. t. IV. part» II. paar. 497-498.

(3) Pas'tor, doc. cit. che io riassume.

(4) Sanuto. op. cit., col. 65-66. Si tratta forse dello stesso Moceniro (1507-1577) 11 quaie. divenuto dogro, dimostrò nel 1672 la sua ortodoytia col mandare a morte il bresciano Marco Zobbia.

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clono nella sua parrocchia, che gli era stata restituita, nel tempo di messa grande (1).

Questi rimedi, e forse altri, che ignoriamo, furono però insufficienti ; e la propaganda continuò, accompagnata talora da manifestazioni iconoclastiche, o se si vuole, vandaliche, oome quelle che consistevano nel cavare gli occhi alle figure di Cristo, della .Madonna e dei santi, dipinte in vari lUiOghi pubblici della città ; finché uno dei colpevoli, un solidato anche questa vdta, fu sorpreso 1*8 settembre 1535 in borgo S. Leonardo, mentre stava accecando una immagine : onde, sollevatasi la plebe, il disgraziato fu ucciso a sassate e a bastonate (2).

Questi fatti avvennero durante il vescovado del Lippomano, il quale resse la diocesi per 22 anni, dal 1516 al 1538, con l'aiuto del nipote, Luigi, divenuto alla sua volta vescovo effettivo nel 1558. Nel 1537 questi, assistito dal vicario generale Battista de Guglielmo e dall'inquisitore fra Agostino di Castel Goffredo, ebbe da occuparsi d'un libraio, Pasino da Brescia, accusato di avere venduto due libri sospetti, uno a un prete De Bono, l'altro a frate Agostino di S. Francesco di Bergamo, e di averne scambiato altri con un cei-to Trussardo de «Medolaco, abitante sotto il convento di S. Domenico e appartenente probabilmente alla nobile fa- miglia Medolago, di cui mi dovrò occupare ancora. Il risultato fu che il 19 marzo si fece divieto a lui ed al suo ooUega Gallo de GaUis di ven- dei^, cambiare o rilegare libri eretici o sospetti Però sembra che il provvedimento. sia stato poco efficace, poiché nel 1549 il vescovo Soranzo doveva promulgare un altro decreto contro costoro (3).

L'abate UcceUi ritiene che neUa prima metà del secolo il caporione degli eretici bergamaschi sia stato l'awocato Giorgio Medolago de Va/- vassoribus, valente giureconsulto, eloquente, dotto, nobile ed imparen- tato oon molte delle primarie famiglie. Venuto in sospetto per le sue opinioni religiose, era stato arrestato nel 1537 e rinchiuso nel convento di S. Stefano, donde gli amici che, a quanto pare, erano in gran nu- mero, lo fecero fuggire neUa notte di S. Nic-olò, rompendo la porta del monastero. Contro costoro il vescovo Lippomano e l'inquisitore si affret- tarx)no a pubblicare un monitorio, chiedendo fra l'altro se in quella notte si fossa sentito strepito di soldati, scomunicando i cx>lpo\'oli e promettendo il segreto a chi li avesse denunziati. Dal canto suo il Me- dolago si rivolse al papa con un ricorso nel quale dica\a di esssere vittima dell'odio dell'inquisitore, fra Domenico da Bergamo : prote- stava di essere innocente e si dichiarava pronto a costituirsi. Paolo III

(1) Uccelli, op. cit.. che riferisce in parte il testo latino della s-^jntenza.

(2) Calvi, op. cit.. pa?. 99.

(3) Uccelli, loc. cit.

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delegò la causa all'auditore del Sacro Palazzo, Legato per il Veneto!, Gi- rolamo VaraUo, il quale, assistito dal patriarca Girolamo Querini, citò l'inquisitore ed il vescovo a comjxarire davanti a lui a Venezia.

Ignoriamo quale sia stato l'esito della causa. Sappiamo solo che essa ebbe uno strascico con un altro ricorso al Vaticano del prete Giovan Pietro Medolago de Vavassoribus, il quale era stato alla sua wlta con- dannato dal vescovo e dall'inquisitore per avere favorito la fuga del suo parente. La sua istanza fu rimessa al notissimo vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti, il quale con sentenza del 4 luglio 1539 dondannava il sacerdote non solo a chiedere perdono ai suoi giudici, ma a rinnovare quell'atto in pubblico in giorno di domenica davanti alla porta d'una chiesa o in quell'altro luogo che il vescovo avesse ritenuto più oppor- tuno, e a pagare 25 ducati d'oro, oltre al bando da Bergamo per un anno.

Quanto a Giorgio che, secondo il parere dell'UcceUi, aveva avuto una sentenza favorevole o aveva avuto solo da subire una lieve condanna, sembra sia rimasto libero, rispettato e temuto dagli stessi inquisitori, che avrebbero persino avuto paura di essere assassinati : finché fu in- viato da Roma il tremendo domenicano Michele Ghislieri, che lo fece arrestare e iniziò contro di lui un processo in cui fu assistito da un parente del Medolago, il dottor Girolamo Albani, il quale, dopo avere cercato in-vano di com-ertirlo, consigliò che lo si desse in mano alla Inquisizione.

Sembra che i suoi fautori siano riusciti nuovamente a farlo fuggire di notte : però, spaventati dalla censura e dalla scomunica fulminata contro di loro, chiesero perdono e restituirono il disgraziato al suo car- cere, donde fu giudizialmente relegato a Venezia, ove terminò misera- bilmente i suoi giorni (1).

Con tutto ciò non bisogna credere che Venezia fosse faverelle alla Riforma. Solo, gelosa come era deUe sue prerogative e desiderosa di mantenere buone relazioni coi suoi vicini, rifiutò per i primi decenni di associarsi apertamente all'Inquisizione, forse anche perchè non le pareva pericolosa la propaganda protestante. Quando però, perduta ogni speranza di conciliazione coi dissidenti, s'iniziò violenta e spie- tata la reazione cattolica, la Repubblica la secondò, pur cercando sempre di consei'\ are intatta la sua autorità : il che la mise più volte in aperto contrasto con la Curia.

La nuova politica s'iniziò nel 1547 col decreto del 12 agosto, nel quale si stabiliva che i beni confiscati agli eretici si lasciassero agli credi

(1) Uccelli, op. cit. Cercai inutilmente a Venezia e altrove ulteriori 'notizie intorno al Medolagro. il cui secondo processo avvenne probabilmente nel 1539 o nel 1540.

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cattd-ici, che avevano il diritto di succedere ab intestato, a patto che non servissero ai condannati : la quale disposizione, assai più liberale di queUe che vigevano nel resto d'Italia, fu ancora mitigata più tardi coi decreti del 12 aprile e del 15 novembre 1568, in cui si deliberò che i Rettori, con destro modo, non permettessero che quei beni si confi- scassero, ma fossero goduti dai parenti (1).

Il male a Bergamo era però oramai largamente diffuso : tanto che il 18 luglio 1548 il doge ed il Consiglio dei Dieci constatavano che neUa città pullulavano eretici, che predicaivano pubblicamente, e ordinavano ai Rettori di fare una diligente inchiesta, da partecipare al Governo (2).

Di tale inchiesta ignoriamo le conclusioni : però dovettero essere ben gravi se l'anno seguente, il 23 novembre, il Consiglio scriveva di avere inteso che in quella città si trovavano alcuni eretici, che non solo non vivevano cattolicamente, ma pubblicamente disputavano e cercavano di persuadere gli altri delle opinioni luterane. Ordinava pertanto ai Ret- tori, insieme con il Vescovo, l'inquisitore e due dottori dei primari di Bergamo, «prediti di bontà e dottrina» di formare diligente processo su tale materia.

Se qualche volta il podestà non poteva intervenire, si facesse rap- presentare dal suo vicario ; si usasse ogni diligenza affinchè il processo fosse formato in modo conveniente ; ed il Consiglio, cui si doveva man- dare non appena fosse terminato, potesse intendere con buon fondamento come passavano le cose dell'importantissima materia (3).

Fra questi processi ve ne fu probabilmente uno contro un anonimo, intorno al quale il doge Francesco Donato scriveva il 22 settembre 1548 al podestà, Giovan Francesco Memo e al capitano Pietro Sanuto : Se fosti ricercati da quel R.do Vescovo a prestarli fauore per far che un certo prete, il quale ofiBcia per sut^tituto in Ardese, sia leuato via da per esser homo che tiene sinistre opinioni et che fa diuerse cattine opere, ui commettiamo che dobbiate prestarglelo (4).

Sembra però che a questa missiva e ad un'altra del 26, che non pos- sediamo, i Rettori di Bergamo non avessero dato importanza sufiùciente, poiché il 12 ottobre lo stesso doge tornava alla carica in questi termini : ,Se marauigUamo, et grandemente, che hauendoui. scritto et imposto sino

(1) Lorenzo Priore : « Pratica criminale », Veitezia. Giacomo Zattoni, ie78, pag-. 119. 122. Cïn. Angrelini. pag. 266.

(2) Priore, doc. cit., e Anfirelini. pa«. 242,

(3) Angrelini, pacr. 243.

(4) Bibl. Civica di Bersramo. « Raccolta di ducali riguardanti Bergamo e provincia Orifirinale in pe(rgtim«na.

2

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à XXVI del mese passato con il oons.o n.ro di X et Zonta, che douesti mandar di qua quel scelerato prete di Ardese, uoi sin hora non hab- biate essequito quanto ui è imposto. Però hauemo iioluto farui le pr^* senti con li capi di d.o cons.o, et vi commettemo debbiate immediate sotto bona custodia mandar esso prete de qui, come per detta de XXVI ui fu imposto (X).

Non sappiamo nemmeno il nome di questo sacerdote : ma dall'insieme deUe due lettere e dall'appellativo di « scelerato », dato, come si vedrà, in casi analoghi, è molto probabile si trattasse di un evangelico, il quale, giunto a Venezia, avrà abiurato o, come si esprime uno scrittore veneto del Seicento, Lorenzo Priore, sarà stato mandato a negar in Canal Or- fano. Lo stesso autore (2), il quale chiama l'eresia deUtto più grave e più detestabile di tutti igli altri, punito altrove col fuoco, soggiunge che «la Serenissima Repubblica Veneta, istituita dalla mano del Signor Iddio, ha continuamente, conforme alla sua santa religione, inuigilato questa maledetta setta con jnolte e diuerse prouisioni che andarono crescendo con gli anni.

Così nel 1550 il vescovo Vittore Soranzo e l'inquisitore fra Do- menico da Bergamo, assistiti dal podestà e dai cittadini, conti Gir rolamo Albani e Scipione Boselli, istruirono un processo contro Cri- stino del Botto, di Ardesio^ reo di diverse proposizioni eretiche, il quale con sentenza deil'S novembre fu condannato con pena capitale, cioè probabilmente al capestro, col patto che fosse abbruciato il suo cadavere (3). Costui era già stato accusato di luteranesimo dinanzi al tribunale del S. UfiScio sin dal 1547, insieme con un certo Lazzarino da' Becchi, a cui si aggiunse nel 1548 Simeone dei Cattanei, forse di Val- leve, ove troveremo più tardi un suo omonimo : però di questi due non abbiamo altro che il nome (4). Quanto al Del (Botto, non sappiamo se la sentenza sia stata eseguita o se egli sia riuscito a salvarsi con la fuga.

E' però certo che il Governo volle sempre intervenire nelle varie istruttorie ; tanto che il 29 dicembre deUo stesso anno il Consiglio dei Dieci ordinava che i processi contro gli eretici fossero spediti con l'as- sistenza dei Rettori e degli altri personaggi, già indicati con lettere precedenti : però, derogando aUe massime anteriori, stabiliva che non

(1) Id- id. perfiramena.

(2) op. cit.

(3) Anfirelini, pas:. 245.

(4) « Rivista Cristfana », anno 1S76. pay. 14, ove sono registrati i nomi di 15 ber- samascbi, accusati di eresia dinanzi al tribunale veneito del S. Uffizio dal 1547 al 1591. Debbo questi ed altri particolari alla cortesia del mio caro e valente amico, prof. Giovanni Jalla.

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fossero mandati ai capi del Consiglio stesso per le deliberazioni che fossero parse opportune (1).

La persecuzione, oramai avviata, si stava fac-endo sempre più spie^ tata ; tanto che coloro che avevano aderito aUe nuove dottrine, si sottras- sero, quando fu lort> possibile, alla morte con la fuga. Fra questi va ricordato anzitutto Girolamo Zanchi. Egli era nato ad -Uzano il 2 feb- braio 1516, da Francesco Terenzio e da Barbara Mozzi. Seguendo Pesempio di tre cugini, fra i quali il noto umanista Basilio Zanchi, morto nel carcere di Castel S. Angelo nel 1558, entrò giovane di 15 anni nel convento degli Agostiniani di S. Spirito di Bergamo, ove studiò filo- sofia, teologia e lingue greca ed ebraica. A Luoca fu con altri 18 con- fratelli, fra cui il bresciano Celso Martinengo, dei conti di Barco, fu- turo pastore della chiesa italiana di Gine\Ta, convertito al protestan- tesimo da Pietro Martire Vermigli : dimodoché nel 1550 lasciò la patria e, recatosi fra i Grigioni, vi stette otto mesi : indi pas^ò prima a Gi- ne\-ra, poi a Strasburgo, ove era stato chiamato dal celebre Giovanni Sturm, ed ove sostituì nell'insegnamento della filosofia il Vermigli, tra- sferitosi ad Oxford, ed il riformatore Gaspare Hedio, morto nel 1552. In quella città ebbe relazioni col nunzio pontificio Zaccaria Dolfin, col quale iniziò trattative segrete per l'inten-ento dei protestanti al con- cilio di Trento : però esse fallirono per l'intransigenza del papa ; e la conciliazione, cui forse tendeva il mite bergamasco, fu abbandonata per sempre.

Lo Zanchi, che aveva sposato Violante, figlia di Celio Secondo Curione, perdette presto la moglie e la bambina avuta da lei ; e non ostante l'in- dole pacifica ebbe a sostenere aspre liti col collega GicA-anni Marbach ; tanto che, lasciata Strasburgo e rifiutate parecchie offerte onorifiche, accettò, per essere più vicino alla patria, la sede di Chiavenna, ove si recò nel 1563, ed ove sposò Livia Lumaca, da cui ebbe parecchi figli.

Ivi ebbe però presto dei contrasti, dovuti all'in\-idia del suo coadiutore, il napoletano Simone Fiorilli, che riuscì dopo quattro anni a farlo destituire : onde, dopo un breve soggiorno nel vicino borgo di Piuro, sebbene fosse stato chiamato a Ginevra, a Leida ed altrove, accettò l'invito dell'elettore palatino Federico III e si recò nel gennaio 1568 ad insegnare nell'università di Heidelberg, donde da\'ette allontanarsi, perchè calvinista, alla morte del suo piX)tettore, sostituito dal luterano elettore Luigi. Si ritirò pertanto a Neustadt presso il principe Giovanni Casimiro col quale, morto Luigi, tornò al- l'antica sede, ove riprese il suo insegnamento, finché per la grave età

(l) Anfirelini. pa«. 253.

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fu collocato a riposo con l'intiero stipendio. Divenut» cieco, morì il 19 novembre 1590, lasciando, oltre la vedo\-a, 4 fìgU e 3| figlie, e fu sepolto nella basilica di S. Pietro : però la lapide posta sulla sua tomba sem forse, come tante altre, a lastricare le vie della capitale del Palatinato.

Di lui rimangono le opere teologiche e le numerose epistole latine, il cui complesso è stato raccolto in otto grossi volumi dall'editore Crespin, di Ginevra, nel 1619.

Lo Zanchi ebbe molta fama per la sua rettitudine, la sua cultura e la mitezza dell'animo : tanto che nel 1785 un lontano parente della fa- miglia, il conte Giov. Battista GaUizioli, ne scrisse la biografia, nella quale traspare un sentimento se non di ammirazione, almeno di sim- patia, assai raro in un cattoliico, e premise al suo volume un bel ritratto del venerando riformatore bergamasco (1).

Nello stesso anno in cui lo Zanchi abbandonava la patria, un suo con- discepolo prendeva anch'egli la via dell'esilio. Era questi Guglielmo Gra- taroli, nato a Bergamo da buona famiglia, il 16 maggio 1516. Dopo i primi studi si recò a Padova, ove si laureò, a 21 anno, in medicina, ed ove insegnò per breve tempo in quell'Ateneo : indi tornato nella sua città natia vi professò l'arte sua œn molta fortuna e fece molti viaggi, a cui accenna in un suo libro (2), o\'e sono frequenti aneddoti non privi d'interesse.

Non sappiamo da chi abbia appreso le dottrine protestanti, aUe quali può anche essere pervenuto da soìp con lo studio e la meditazione : è però certo che, vennto in sospetto al S. Uffizio, cui era stato denunziato per eresia (3), stimò prudente allontanarsi da Bergamo nel 1550, in età di 34 anni. Per la Valcamonica passò nella Rezia, indi a Strasburgo, raccomandatovi dall'amido Zanchi, poi a 'Basilea, ove lo stesso Zanchi scrisse in suo favore a Teodoro di Bèze. Ivi insegnò medicina, e, dopo un breve soggiorno all'Università di Marburg, ritornò in quella città, da lui prediletta, e vi lavorò tanto intensamente che ammalò e morì il 16 aprile 1568, in età di 52 anni, lasciando non meno di 16 opere ori- ginali, oltre a 15 di vari autori da lui tradotti o commentati.

Alcuni scrittori, come il Ba5'^le ed U Moreri, nei loro celebri dizionari, aftermarono che il Grataroli era fuggito per motivi, religiosi : ma le loro as'serzioni furono impuignate dal Gallizioli, che in una biografia apologetica (4) cercò di dimostrare che egli non era mai uscito dal

(1) « Memolri'e storiche e letterarie della vita e delle opere di Girolamo Zanchi ». Bergamo. Francesco Localelli, ,1785.

(2) « Resrimen omnium iter asrentium ».

(3) « Rivista Cristiana ». loc. cit.

(4) « Della vita, degli sfudi o degli scritti di Giurlielmo Grataioli. filosofo e me- dico ». Berg-amo. Stamperia Locatelli. 1788.

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grembo della chiesa cattolica, interpretando arbitrariamente alcuni passi dei suoi libri, come quello in cui dice che è esule da più di dieci anni per la verità e la giustizia (1) : o quello che si trova nella seconda edi- zione del libro De Irvcantationibus, di Pietro Pomponazzi, ove scrive che si sottomette intieramente al giudicio delle scritture canoniche e dei santi dottori : e citando infine gli elogi del P. Donato Calvi (2), che non avrebbe parlato con tanta ammirazione d'un eretica

Il nostro autore, acxìecato dalla sua tesi, non badò all'amicizia del suo eroe non solo con lo Zanclii, ma specialmente con Teodoro di Bèze, che gli indirizzò lettere afìettuosissime : non si accorse del tono evan- gelico di alcuni passi da lui citati e della dedica del Regimen ad Egi- nolfo, barone di Rapolstein Hochen Ack e Gerolzeck, in cui scrive : «Vedo che noi siamo stati costretti ad abbandonare le proprie abita- zioni per motivi punto dissimili, benòhè in tempi assai differenti ». Non pose infine mente all'epitaffio fatto -scolpire sulla srua tomba daUa diletta moglie Barbara Nicosia, che aveva^ perduto la cospicua dote per seguirlo nell'esilio, nel quale si legge esplicitamente : Guglielmo Gratarolo... oh religionevi exuli. A queste prove se ne aggiunge un'ultima, ignorata dal Gallizioli, che basterebbe da sola a togliere ogni dubbio. E' la sentenza del 4 luglio 1551 pronunciata in contumacia, un anno dopo la fuga, dal Governo Veneto, registrata dall'Angelini in questi termini :

Guelmo Gratarolo medico processato come eretico dal Vescovo Vittor Soranzo e dal P. Domenico Adelasio Inquisitore col consenso e pre- senza del Podestà e di aJ^ri a deputati, e dichiarato con sentenza del Vescovo eretico pertinace ; per esser stato citato e non comparuto a difendersi delle colpe d'auer ardito di seminar eresie contro l'onor di Gesù Cristo e vilipendio deUi ordini e sagramenti e potestà del Papa, ed altre reità distesamente scritte nelle sentenze, rimesso il caso al Foro Laico uien bandito con confiscazione de beni e con ta^ia : e uenendo preso gli sia tagliata la testa ed abbruociato il suo cadauere.

L'ortodossia dimostrata dalla Repubblica non pareva però ancora suf- ficiente alla Curia Pontificia, solita ad agire più liberamente negli altri Stati Italiani : tanto che il papa Giulio III nel marzo 1551 finì col promulgare una bolla, con la quale minacciava di scomunica coloro che fuori del Sant'Uffìzio si occupassero di processi contro ea^etici. Fu intanto spedito a Venezia il nunzio Ludovico Beccadelli, il quale, coadiu- vato da Carlo Grassi, vescovo di .Montefiascone, addivenne ad una traa- sazione che fu promulgata il 26 settembre 1552. Ivi si stabiliva che in materia di eresia i Rettori fossero presenti alla formazione dei processi e a tutto quello che sarebbe stato fatto dai Vicari e dagli Inquisitori,

(1) « Regim'en omnium iter asrenitium

(2) Op. cit.

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i quali tutti potevano chiamare i dottori -che fossero parsi convenienti : che essendovi qualche caso nel contado, esso fosse trattato nel capo- luogo : e che i Rettori, almeno un giorno della settimana, si tra\'a5sero coi predetti Vicari ed Inquisitori per attendere a quelle materie (1).

Stabilitosi così un modus vivendi tra le due autorità, la Signoria prese ad infierire anche contro gli Ebrei e ordinò il 25 ottobre 1553 una rigo- rosa perquisizione neUe loro librerie, .sinagoghe ed anche nelle case dei cristiani per ricercane probabilmente copie del Talmud (2), che dove- vano essere abbruciate, mentre l'autore do\'eva esser© bandito imme- diatamente. Come si vede, gli Israeliti godevano d'un trattamento di favore, in quanto che il rogo dei loro libri non si estendeva, come per gli eretici, alle loro persone.

Nel 1554 abbiamo un certo Lazzarino iBichi, accusato di luteranesimo, senza che di lui sappiamo altro (3). Ignoriamo invece il nome d'un ere- tico di Ardesio, ohe c-on sentenza del 3 novembre 1555 fu dai Rettori condannato alla galera : segno evidente che la sua colpa risultò meno grave delle altre (4), .

Di tanto in tanto tornavano però a rinnovarsi gli attriti tra le auto- rità laiche ed ecclesiastiche : tanto che il 30 giugno 1558 il doge Lorenzo Friuli scriveva al podestà di Bergamo Nicolò Marcello ed al capitano Andi'ea Cornaro in questi termini : Si sono 'granati auanti i capi del cons.o n.ro di X gi'interuenienti per Padre Cornelio d'Alzano, che ha- uendosi esso offerto di presentarsi auanti la congregatione deputata oontix) gli heretici, oue è stato citato per imputatione di relapso, pare che questi R.di uogiino da se stessi proueder sopra la citatione et causa, ma senza l'assistenza u.ra et degli altri per li ordini nostri a questo deputati, il che essendo contra essi ordini, et perciò spiacendone assai, vi habbiamo voluto scriuer le presenti, per le quali con il cons.o nostro di X vi commettemo che, se così è, debbiasi far intender ad essi R.di Padri che si astengano di far tai cose senza l'assistenza vostra : et ogni atto che facessero contra i ordini nostri hauerete per nullo, perciò che intention nostra è che siano seruati (5).

Ignoriamo anche in questo caso le Tiœnde della vei^tenza ; ma è pro- babile elle l'Inquisizione abbia dovuto cedere. Quanto a Padre Cornelio non sappiamo con quale fondamento fosse stato accusato e quale ne sia

(1) Angelini, pagr. 248.

(2) Il testo dice : libri intitolati « Talmur ». di xin Ebreo : il che ci mostra, se non altro, l'iernoranza di quella brava trente.

(3) « Rivis'ta Cristiane ». loc. cit.

(4) Anerelini. pae. 253.

(5) Biblioteca Civica. <.< Raccolta di Ducali risruardainti Bergramo e provinola >.^. Ori- ginale su persranrena.

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stata la sorte : ma la taccia di relapso ci dimostra che ar\-eva già altra volta dato motivo a prov\-edimento del S. Uffizio per le sue opinioni religiose.

L'accusa di relapso richiama alla nostra mente la figura alquanto enigmatica del vescovo di Bergamo, Vittore Soranzo, di cui si occupa- rono vari scrittori, come VUghelli (1), il Cantù (2), il Pastor (3), e più recentemente un dotto prelato, monsignor Pio Paschini (4), il quale, giovandosi degli studì dei suoi predecessori e delle ricerche da lui fatte nell'Archivio Vaticano, ha cercato, senza però riuscirvi pienamente, di delinearne l'opera ed il carattere.

Era nato a Venezia l'S loglio 1500 da Luigi Soranzo, appartenente ad illustre famiglia. A Padova, ove studiò in quella celebre Università, conobbe fra gli altri Giovanni Morone e Rodolfo Pio di Carpi, divenuti poi entrambi cardinali. Più giovane del Bembo, fu da lui prediletto, ne ebbe protezione e consigU ed intrattenne con lui un'assidua corri- spondenza, in cui si rivelano, oltre al comune amore per la poesia, una certa irresolutezza ed un certo pessimismo, dovuti in parte alle non floride condizioni economiche in cui si trovava il giovine patrizio.

Nominato nel 1529 cameriere segreto di Clemente VII, ebbe agio di conoscere in Roma Ulu^ri persone, come Veronica Gambara, Pietro Car- nesecchi, Giacomo Sadoleto, Vittoria Colonna. Morto il papa, tornò nel Veneto, ove rimase sino al 1538, in cui si recò nuovamente a Roma col suo protettore, nominato cardinale ; però, mentre il Bembo, nonostante 1 suoi costumi, anzi forse a motivo di essi, si mantenne sempre stret- tamente ortodosso, il suo giovane amico, lasciata la poesia, si diede agli studi teologici. Sulla fine del 1539 o sui primi del 1540 andò a Napoli, forse dietro invito del Carnesecchi, e vi conobbe Giovanni Valdes, le cui dottrine fecero su di lui una profonda impressione ; tanto che, es- sendo stato nel 1544 nominato legato a Bologna il cardinale Morone, avrebbe scritto ai luterani di queUa città congratulandosi ed esortan- doli a non fare scandali per avere propizio il prelato, il quale non si sarebbe trovato nella necessità di punire la loro imprudenza. Consigliò anche al Morone l'invio a Modena del predicatore fra Bartolomeo Pei^ gola, luterano, che fu poi indotto a ritrattare dal pergamo le sue opi- nioni. Però di questa crisi del Soranzo dovette trapelare ben poco, peixihè

(1) « Italia Sacra ». t. IV, foL 695-702.

(2) « Eretici d'Italia ». t. II. paer. 189 ; t. III. pasr. 166. ecc.

(3) « Storia dei papi ». t. IV, pasr. 151-155. 496.

(4) « Un episodio dell'Inquisizione n.eiritalia del Cinquecento. Il vescovo di Ber- gamo Soranzo». Roma. La Piccola Raccolta. 1925.

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non erano ancora state definite esattamente certe dottrine che furono poi condannate.

Nel 1544 il Bembo, eletto vescovo di Bergamo, scelse prima come vi- cario il bergamasco Nicolò Assonica, indi ottenne come coadiutore il Soranzo, nominato da Paolo III con breve del 12 luglio, nel quale gli si -assegnavano 200 ducati annui e la futura successione.

Nel nuovo uflacio diede subito prova di molta attività col visitare la sua diocesi, ove le dottrine riformate si erano infiltrate, specialmente nel clero. Nel 1545, recatosi ad Albino in Val Seriana col vicario Carlo Franchina, ebbe ad occuparsi del prete Sebastiano di Poscante (forse

10 stesso sacerdote denunziato al Lippomano nel 1527), intorno al quale,

11 23 marzo, un certo PietiX) Giacomo Personeni fece la seguente depo- sizione. «Si dice che lui è Luterano: a me è stato detto che gli soi scholari hanno a dire che lui magna avanti ch'el dica Messa, digendo (sic) lui che anche Xristo consacrò il corpo dopo la cena. E se dice che è anche opinione che esso prete Sebastiano non consacri, quando celebra la sua messa. Et queUo che ho detto circa il magnar avanti la Messa ho inteso a dire da Messer Michele di Pesenti mio Cusino». Te- stimonianza analoga venne fatta da Giuseppe de Biflìs, di Albino, il quale disse : « Ho pratica con un prete Sebastiano ». Indi passando a deporre contro un altro saceixìote, Simone de Borsetti, soggiunse : « Stando nella nostra bottega e parlando insieme con lui delle cose della Scrittura Santa, el mi disse dell'Eucarestia e delle cose per le quali lui negava che nel Sacramento vi fosse il vero coiaio di Xristo humanato ; e negava anche il purgatorio e pareva che si fondasse sopra quelle opi- nioni più volte haviite da esso prete Sebastiano, per quello che mi diceva ».

Alla sua volta, Simone, interrogato intorno alle sue relazioni con D. Sebastiano, rispose : « ponno essere mesi quattro li vidi nella casa sua, nella camera dove lui tene la sua schola, un libro di Martino Lu- tero sopra la epistola ad Galatas, et li 12 (sic) comandamenti, se ben mi ricordo : e cinedo contenesse anclie altre cose, ma non so se fosse suo 0 d'altri ». Interrogato poi se avesse parlato con lui della 'Bibbia o dei Sacramenti, rispose : « Signor no, se non della iustificatione ». Ed in un altro interrogatorio soggiunse : « E' vero che un frate Zaccaria de Carmini ha detto che io credo che nel Sacramento dell'altare vi sia il vero corpo di Xristo ; ma non quello stesso che naque daUa Vergine ». Intorno al purgatorio rispose : « Quanto a me non vi credo che ghe sia». Confessava poi di avere alcuni libri, fra cui il Sommario della Sacra Scrittura, e soggiungeva : « Et anche ponno essei^ mesi sei in circa Zuenglio ; questo me impresta misser prete Sebastiano pi^etto. Et questo

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l'ho restituito et non so 'se fosse suo o nò. E credo che neanche lui adesso l'abbia» (1). Come al solito, ignoriamo i risultati del processo contro i due ecclesiastici : dei quali il primo, Sebastiano^ appare di gran lunga il più attivo. Oltre alla parrocchia di ^Poscante, sulla strada tra le Valli Brembana e Seriana, aveva una scuola per i ragaz/zi, fra i quali prò curava di diffondere le sue dottrine.

Di fronte a questi e forse ad altri fatti analoghi il Soranzo ordinò ai possessori di libri eretici di presentarli entro nove giorni, sotto pena di scomunica e della perdita dei benefici ai beneficiati, della scomunica e del carcere ai laici. In ciò fu coadiuvato dal vicario Assonica e dal- l'inquisitore, fra Pietro da Bergamo, i quali con editto del 17 aprile 1547 proibivano di tenere e di leggere libri eretici e scandalosi, fra cui U Sommario della Sacra Scrittura e i Sermoni di Bernardino Ochino, sotto pena di 50 lire imperiali ; e facevano diviato ai librai di tenere o ven- dere libri prima che fossero stati esaminati dal vescovo, dal vicario o dall'inquisitore.

Il 12 febbraio dell'anno precedente, il Soranzo era giunto a Trento per partecipare ai lavori del Concilio, ove l'S aprile propose che al testo del decreto suUa tradizione apostolica che doveva essere accolta come la Bibbia «pari pietatis affectu ac rejverentia », si sostituisse la dicitura « simili vel acquali » o « summo vel tote affectu » ; il che, se non era indizio di eterodossia, veniva però ad attenuare notevol- mente la tradizione di fronte all'autorità della Sacra Scrittura. Ivi non dovette trovarsi in un ambiente propizio ; tanto che il 18 dello stesso mese era di nuovo a Bergamo, salvo a tornare più tardi al con- cilio dietro invito del Bembo, al quale succedette effettivamente in quell'anno, per la morte del cardinale, avn-enuta il 19 gennaio 1547.

Con la scomparsa del suo grande amico e protettore, incominciarono i guai per il nostro vescovo, contro il quale nell'aprile del 1548 furono affissi di notte libelli anonimi, in cui lo si accusava di eresia ; il che provocò dal doge Francesco Donato un bando col quale si promette- vano 3000 lire a chi denunziasse i colpevoli, con facoltà di liberare un bandito per omicidio. A chi li consegnasse vivi si assegnava la stessa somma, ridotta a L. 150(0 a chi li uccidessse/. Non sappiamo se costoro siano stati scoperti, ma non è probabile. E' certo però che negli anni seguenti, forse per dimostrare la sua ortodossia, il Soranzo partecipò ai pioc-essi contro eretici, come il Del Botto ed il Grataroli.

(1) Uccelli; op. cit., il quale si riferisce ad un ms. della Curia Vescovil,2 di Ber- gamo intorno alle visite pastorali del Soranzo, t. I, pasr. 95-97. E' curioso che il Pa- schini, assai diligente, non abbia tenuto conto di queste notizie.

2b-

Con tutto ciò si rinnovarono i sospetti e le accuse, di cui troviamo reco in un processo davanti alla Curia Vescovile di Bergamo, nel quale un teste, il 21 gennaio 1551, affermava di aver saputo che il Soranzo era stato denunziato Edl'Inquisizione, sin dal tempo di Paolo III, morto nel 1549, « per avere opinioni lutherane ». Un altro, che era stato par- roco in Val Brembana, riferiva che gli zoccolanti si erano lamentati per avere egli scomunicato un loro frate, perchè predicava cose esa- gerate e perchè riprendeva i luterani. Avevano pure avuto contese con lui per avere egli imposto Ipro di levare « una certa imagine di cro- cifisso, dalla quale il convento ne haveva qualche utilità».

A^sai più tardi Maria Aurelia Tassis, neUa Vita di Santa Grata, pubblicata a Padova nel 1723, riferisce, senza citare la fonte delle sue informazioni, che il Soranzo a^xebbe cercato di spargere i suoi peoiTTiersi dogmi fra le monaclie benedettine del convento denominato da quella santa ; ma rimbeccato daUa badessa Clemenza di Taddeo Vitali, sarebbe stato costretto a tacere. Notiamo ancora le accuse raccolte sui primi del seicento da un biografo di Paolo IV, il Caracciolo, che il Paschini dice di solito bene informato e fedele, non senza però qualche esagerazione nei suoi apprezzamenti.

Scrive dunque costui che « furono per molti anni in Bergamo alcuni principali heretici, o veri o sospetti, processati di heresia, in primis Vittorio Soranzo... il suo vicario et preìvosto, chiamato D. Nicolò Asso- nica ed altri di minor conto : il Vescovo in particolare fu tenuto per heretico fino... Questo ^^cscovo già da un pezzo fa haveva incomin- ciato ad infettare la sua città e diocesi ; e se il Santo Officio di Roma non l'havessc fatto processare, non bastava forza veruna a reprimerlo, perciocché era egli potentissimo in Venezia et in Bergamo» (1).

Secondo alcuni scrittori, come l'Ucodli, il Soranzo sarebbe caduto nell'eresia per l'assidua letttura di libri proibiti, da Ini fatti venire pro- babilmente dalla Svizzera, forse per confutarli. Ne ave\'a riempito due ca,sse che aveva fatto trasportare neUa sua villa di Gorle (Z), ove li leg- geva di nascosto : però se tali letture possono .avere influito sull'animo suo, conviene riconoscere dalle manifestazioni anteriori, cui accennai, che contribuirono solo ad orientare più nettamente le sue opinioni religiose.

Comunque sia, di fronte alle accuse, che erano giunte sino a Roma, il papa Giulio III, assistito dai cardinali Marcello Cein^ini (più taixii

(1) « Vita di Paolo IV >\ in Bernino. c Historia delle herosie ». Veneczia. 1733. t. IV. p. 490.

(2) Qiiesta vill.a. passata al demanio sul finire del secolo XVIII", a-ppartiene orta alla famiglia evangelica Zavaritt. oriunda Svizzera e da molto tempo stabilita a Bergamo.

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Marcello II), Rodolfo Pio e Giovanni Toledo, inviò a Bergamo per la seconda volta U Ghislieri, il quale si accinse all'opera, raccogliendo testimonianze e redigendo verbali nel convento suburbano di S. Stefano, ove aveva stabilito il suo domicilio. Pare che la sua missione sia stata intralciata dal vescovo e dai magistrati, sempre gelosi custodi dei diritti dello Stato, i quali, stando alle notizie di biografi posteriori, gli avreb- bero teso insidie e la notte del 15 dicembre 1550 avrebbero fatto assalire il convento da gente armata, incaricata di ucciderlo ; però il frate, balzato dal letto, solo e inerme, con la preghiera e con la voce li a\Tebbe messi in fuga : indi, per strade nascoste, a^Tebbe abbandonato il paese, sotto la guida d'un contadino, dopo avere aflBdato gli atti del processo al francescano Aurelio Grianio. Ricoveratosi nel castello, tuttora esi- stente, di Urgnano, presso l'amico conte Girolamo Albani, già suo coa- diutore nel processo Medolago, avrebbe riavuto il suo manoscritto, col quale sarebbe tornato incolume a Roma.

Lo stesso Raschini ritiene che si siano un po' caricate le tinte in quel racconto, che è pieno d'inverosimiglianze, specialmente per quanto con- cerne il Soranzo, dotato di animo mite e gentile. Può darsi l3ensì che il Ghislieri abbia incontrato alcune diflBcoltà : ma non dovrebbero essere state molto gravi, se il vescovo si recò a Roma, ove si abboccò più \dì.te col papa e col cardinale Morene ed ove, sebbene protestasse di essere \'it- tima di calunnie, fu chiuso in Castel S. Angelo, ove stette per circa due anni, sotto l'accusa di essere contrario al culto delle imagini e fautore deDa dottrina luterana della giustificazione per la fede.

Che il Soranzo sia stato, almeno parzialmente, eretico, mi pare risulti dagli atti dei prtx;essi di due suoi antichi conoscenti, l'uno dei quali, il cardinal Morone, arrestato il 31 maggio 1557, dopo avere ricoi-dato l ami- eizia c-ontratta a Padova e rinna\'atasl a Roma al tempo di Clemente VII, dice che si era maravigliato assai ohe facesse del riformato e parlasse sempre di Gesù Cristo ; finché scopertosi che era luterano, era stato chiamato a Roma, ove si era recato una volta a visitaiio ed aveva inco- minciato a dirgli che il matrimonio dei preti era lecito e che il cardi- nale Sfondrati ne avesse tollerato uno. Il Moi-one l'aveva contradetto, non potendo patire questa impudenza di parlare e aveva cercato di per- suaderlo del contrario : ma dopo la sua ritrattazione di questo e di altri articoli e la sua liberazione non aveva più avuto relazioni con lui.

Può darsi che il iMorone per difendersi abbia ecceduto nelle accuse. E' però certo che alla sua vcUta. H Carnesecchi, nel processo che alcuni anni dopo lo condusse al martino, interrogato se avesse parlato di Lu- tero col Soranzo, rispose prima : Non mi ricordo, ma è cosa contingen-

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tissima. Indi, alla domanda sulla stima che entrambi potevano avere avuto del riformatore tedesco, soggiunge : Noi giudicavamo che fosse un grand'uomo quanto alla dottrina et quanto alla eloquentia, et anco te- nevamo che procedesse sinceramente secondo le vie sue, cioè che egli non ingannasse altri, se non ingannato esso prima dalle sue opinioni.

..J)i quello che ne sentisse il Soranzo, maxime negli ultimi anni deUa vita sua, non me ne posso rendere conto più che tanto, essendo stato absente da lui nel tempo ch'io stetti in Francia... 'Ben mi pare ricoi> darmi che lui ed io insieme solessimo Chiamare il detto Luthero l'Oceano, come quello de cuius plenitudine acoepissent tutti li altri heretici, non altrimente li fiumi ricevano l'acqua dal mare : et intendevamo per he- retici Suingliani, Calviniani, Anabattisti ed altri eiusdem generis. Nar- rava inoltre che il Soranzo, dopo essere stato alcun tempo prigione in Castel S. Angelo, era stato poi liberato, ma condannato per alcune eresie, deUe quali era stato convinto : non sapeva però quali fossero, sebbene gli avesse parlato più volte in Venezia, perchè non voleva con- fonderlo in domandarli del successo deUe cose sue, essendo stato così infelice (1).

Gli atti del suo processo non si sono potuti ritrovare sinora. Il Pa- schini ha però esaminato nella Biblioteca Vaticana un codice cartaceo deUa metà del Cinquecento, contenente scritti di Lutero, Bucero, Me- lantone, Ochino con questa segnatura autografa : Io Vittor Soranzo, Vescovo di Bergamo, alli 26 di .giugno 1551 in castello nelle mie stanze ho riconosciuto, confessato, riconosco et confesso mio questo libro, come scrivo nella mia confessione da appresentare a Nostro Signore. Idem qui supra manu propria, Romae.

Non ostante la relativa mitezza di Giulio III e l'abiura deUe dottrine incriminate, il Soranzo non fu liberato subito e gli fu nominato come suffragane© il domenicano fra 'Tommaso Stella, vescovo di Capodistria, con breve del 20 novembre 1551, col quale gli si assegnavano 400 scudi d'oro annui e lo si mandava a Bergamo per gli eventuali provvedimenti (2).

Il 22 giugno 1552 Giulio III nominò amministratore della diocesi Nicolò Durante, chierico di Camerino, invece del vescovo, sospeso « ad beneplacitum ». Il 14 febbraio 1554 Fabrizio Aligerio fu scelto come assistente consultore e in certo modo coadiutore e vicario del Soranzo,

(1) « Miscellanea di storia italiana ». t. X. pag. 489 e see.. citato d?J Paschini. p. 57.

(2) « Si quid inibi correctionc indig-eat. corrifiratur » : mentre nella prima reda- zione, -assai più siernifìcativa. si era scritlx) : « si qui inibi sint. qui. operante Satana, a candoi'â et puntate catholicae fìdci discessc<rin't, corrifirantur ».

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ristabilito uflacialmente nel suo ufficio con breve del 24 maggio dello stesso anno, in cui il papa affermò di volerLo trattare con misericor- dia (1); indizio, a mio parere, di colpa: però per chiudere la bocca ai suoi emuli che anelavano ad insidiarlo e a malignare! sul conto suo (2), gli pose al fianco il canonico Giulio Augusto, di Camerino, col solito assegno di 200 scudi e con l'incarico di tenerlo in c-erto modo sotto tutela. Non si trattava quindi, come ritiene il Pastor, d'una vera assoluzione, ma d'un perdono circondato da molte .cautele.

Questa condizione, invero alquanto umiliante, non durò a lungo : poiché morto Giulio III, dopo il breve pontificato di Marcello II fu, il 23 maggio 1555, eletto papa col nome di Paolo IV U cardinale Gian Pietro Cara fa, il quale, coadiuvato dal Ghislieri, divenuto capo dell'In- quisizione, prese ad infierire contro i veri o supposti eretici, fra i quali da\'eva trovarsi fatalmente il Soranzo. Essendo stato citato a Roma da- vanti al tribunale dell'Inquisizione il suo vicario Giulio Augusto, pro- babilmente per deporre contro di lui, la Repubblica intervenne per mezzo del suo ambasciatore, Bernardo Navagero, al quale il cardinale Rodolfo Pio disse che il Soranzo aveva errato ed aveva c-onfessato i suoi errori : però, siccome si aspettava che il suo vicario potesse dire che egli era ritornato aUe sue cattive idee, lo si era chiamato a Roma per sapere se si doveva ritenere il vesca\'o come r-elapso. Nondimeno, egli desiderava favorire la Signoria e avrebbe esaminato il pitxesso oon la maggiore attenzione. Analoghe promesse ebbe il Navagero da altri car- dinali, ma senza esito : poiché, avendo il vicario rifiutato di comparire. Paolo IV, con breve del giugno, lo scomunicò e gli sostituì il chierico di Bobbio, G. B. Brugnatelli, cui assegnò 250 scudi d'oro annui, oltre agli emolumenti della sua carica.

Quanto al Soranzo, fu nua\'amente citato a Roma nel maggio 1557 : ed al Navagero, che a nome del doge si affrettò a chiedere una proroga «per un prelato, che era uno dei nobili Veneziani : infermo e di debole costituzione », il papa rispose : Faccia Iddio ch'egli guarisca in anima ed in corpo. Per l'iUustrissima Signoria faremo tutto quello che potremo con honore nostro. Però il Navagero non ottenne nuUa, poiché nel con- cistoro del 20 aprile 1558 il papa dichiarò che la diocesi di Bergamo era vacante e dove\'a considerarsi tale sin daUa rinunzia o dalla morte del cardinal Bembo, a motivo delle eresie confessate dal preteso vescovo Vittore Soranzo, i cui atti erano annullati e ritenuti di nessun valore.

(1) <s. Volentes tibi tnisericorditer asrere

(2) V. U^helli, loc. cit.. il quale rifierendosi alla prigrionia del Soranzo scrive che allora <: notti defuit turbatae menti aemulorum sibi mali^nantium acerbissinra afBictio 2>.

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Dopo la sua destituzione, il Soranzo, al quale la protezione del suo governo aveva forse evitato una sorte peggiore, si ritirò a Venezia, ove, dopo soli 25 giorni, il 15 maggio, morì di crepacuore (1) e fu sepolto nella tomba di famiglia. A succedergli fu eletto Luigi Lippomano, già coadiutore dello zio Pietro, al quale il clero bergamasco "scriveva il 28 luglio che si aspettava in lui un vescovo che non abusasse della sua autorità per il proprio guadagno e per sfogare le sue passioni, e tute- lasse la vera religione con il prestigio della dottrina e la santità dei costumi : con le quali parole, senza però nominarlo, pare abbia voluto fare la critica del suo predecessore.

Fu il Soranzo veramente eretico? L'UgheUi ed il Pastor credono di no e ritengono sia stato vittima delle male arti dei suoi avversari. Il Pa- schini,,che gli è in complesso piuttosto sfavorevole, ritiene che la sua colpa sia consistita specialmente nella continua indecisione, che lo por- tava a lasciarsi trascinare da qualsiasi tendenza e che fu causa della sua sventura ; sicché morì solitario e abbandonato da tutti.

A me invece pare che, sebbene non si siano ritrovati sinora gli atti del suo processo, le testimonianze, fra le altre, del Morene e del Carne- secchi siano molto esplicite e che egli sia stato eretico, almeno in parte, per quanto non abbia avuto il coraggio, e forse nemmeno la volontà, di uscire dal grembo deUa Chiesa cattolica. Nel suo animo si manifestò intensamente quel travaglio che lo rese infelice e lo trasse anzi tempo aUa tomba. In ogni modo la sua indubitabile onestà e buona fede ed il suo triste destino lo rendono degno, se non di ammirazione, almeno di compianto.

A quanto pare la sorveglianza dell'autorità laica e la fama di rela- tiva mitezza di cui godeva ancora la Signoria Veneta indusse alcuni profughi della Lombardia soggetta agli Spagnuoli a rifugiarsi sotto la protezione del Leone di S. Marco; ma vi trovarono un'accoglienza tutt'altro che cordiale, come risulta- da queUa che ebbe il comasco Mai> cantonio Someliano (Z), il quale, ricoveratosi a Bergamo, vi fu arrestato per eresia. Però, siccome non era suddito veneto e non aveva commesso U fallo, cioè l'abiura, nel territorio della Repubblica, la Signoria ordi- nava, il 22 dicembre 1558, che fosse liberato, ma dovesse partire subito senza mai più tornare in alcun luogo del dominio sotto l'indignazione del Consiglio dei Dieci (3), il quale, il 4 febbraio dell'anno seguente, stabiliva che non si potessero più mandare in galera gli eretici, salvo

(1) « Ex animi moerore fato cessit », scrive l'Uarhelli.

(2) Probabilmen'be « Somieliana », cosmonve di famiglia comasca tuttora esistente.

(3) Anfrelini. pag. 355.

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a tornare sulla sua deliberazione il 5, o, secondo il Calvi, l'S novembre 1568, in cui, o per umanità o, più pr-obabilmente, per tornaconto, si riammisero costoro nelle ciurme della Serenissima ; a meno che, come opina il Calvi, ciò sia avvenuto perchè si ritenne meno facile spar- gere il veleno dell'eresia in galera che in carcere.

Lo stesso anno 1559 troviamo un altro bergamasco accusato di lute- ranesimo, Antonio Laner, di cui, come al solito, ignoiiamo la sorte.

Negli anni successivi si ha una serie di prov-vedimenti d'indole gene- rale, già ricordati in parte, intorno ai beni degli eretici, all'invio di costoro alle galei^, alla nota dei banditi per eresia da trasmettersi al Consiglio dei Dieci ed a quella dei fuggiti-vi ; aUe cauteLe da osservarsi nell'esame dei testimoni a cui dove\-ano assistere solo le persone neces- sarie, « affinchè essi potessero dir liberamente e tutto passasse secreta- mente» (1). Si raccomandava poi l'assistenza del braccio secolar-e nelle esecuzioni contro gli eretici, « trattandosi di Religione che è causa pub- blica » ; e ciò anche senza utilità pecuniaria, « poiché l'utilità pubblica che nasce daUa conservazione della Religione non deve essere per tal cagione tralasciata » (2).

Indi, venendo all'applicazione delle leggi, si denunziava lo stesso anno per luteranesimo Gian Giacomo Galuppi : e tre anni dopo i Rettori, riuniti neUa Camera nucA^a Cornelia, contigua all'abitazione del Camer- lengo, nel Palazzo Prefettizio, proferivano, il 21 agosto, una sentenza di bando perpetuo da tutto lo Stato con la confisca dei beni contro Fran- cesco Medichello, speziale all'insegna della Giustizia Nuova a S. Pan- crazio, sentenziato eretico dal vescovo Federico Cornaro e daU'inqnisi- tore fra Aurelio Odasio da Martinenga Si prometteva un premio di 600 ducati a chi lo avesse preso : nel qual caso gli si sarebbe tagliata la testa.

Di questo farmacista, che aveva la sua bottega nella via principale della vecchia Bergamo, presso la chiesa di S. Pancrazio, non sappiamo altro: è però da sperare che, come il Grataroli e chi sa quanti altri, abbia fatto in tempo a salvarsL

A questo punto giova notare come i Bergamaschi portassero talora le nuove dottrine in altre regioni d'Italia. Così fu nel 1567 scoperto a Forlì un eretico, mastro Giacomo LocateUi, della Valle di Bergamo e più pro- priamente, a quanto pare, di .MapeUo, tornitore., detto il catinaro, dai catini di legno che lavorava al tornio, il quale il 31 maggio fu condan-

(1) 2 eìagno 1564.

(2) 5 giugno 1564.

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nato con un fornaio ed un pettinalo, perchè nella sua casa si era letta la tragedia sul Libero Arbitrio dell'eretico bassa nese Frances-co Negri (1). La casa, ove era avvenuto un fatto così abbominevole, fu distrutta e sul posto ove era stata edificata fu innalzata una specie di colonna in- fame. Costoro, per timore di peggio, abiurarono : però il processo con- tinuò ancora contro altri comiplici, uno dei quali, fratello di iGiacomo, mereiaio, fu condannato per lo stesso motivo il .29 settembre. Ed infine il 26 ottobre, nel duomo, «furono abiurati» Sebastiano Locatelli col figlio Francesco ed il fratello Giovanni, detti Cadinari, dal loro me- stiere che si stava sostituendo al cognome primitivo, tutti di Mapello, con Pietro (Martire Providon, parimenti di Lombardia, per essere stati sentenziati luterani. Come si vede, si era formata in quella città della Romagna una piccola colonia di artigiani bergamaschi, i quali avevano, pur essendo di umile condizione, apprese in patria le nuove dottrine, da loro conservate gelosamente ; finché, essendo stati scoperti, scampa- rono alla morte con l'abiura (2).

Tornando a Bergamo, ove ai rifugiati dagli altri Stati esteri inqui- quisiti per eresia si era intimato, il 12 aprile 1568, di andarsene entro 15 giorni, abbiamo il 23 settembre 1569 la condanna di Giovan Pietro Catanio (probabilmente Cattaneo) fu Ardizon, di Valleve, eretico sen- tenziato e rimesso al foro secolare. L'anno seguente, il 24 novembre, altra sentenza di bando perpetuo fatta dai Rettori contro Guglielmo di Donato Ruini, di Nembro, solito ad abitare in Martinengo, eretico fug- gitivo e impenitente, con confisca dei beni, rimesso al braccio secolare dal vescovo Federico Cornaro e dall'inquisitore Aurelio Odasio di Martinengo (3).

Da questi accenni si vede come alcune scintille, forse per le comu- nicazioni con la Valtellina, fossero cadute in Val Brembana e in Val Soriana, non ostante la sorveiglianza delle autorità civili ed ecclesia- stiche. Non sappiamo quale sia stata la fine del Cattaneo; quanto al Ruini era riuscito a ricoverafsi a Ginevra, ove lo troviamo in quell'anno ed ove era stato preceduto da altri bergamaschi i cui nomi sono stati trascritti dal Galiffe nel suo noto lanroro sui rif ugiati italiani nella città di Calvino (4).

Fra costoro notiamo nel 1551 un certo Vanolis, non meglio identifì-

(1) Nato nel 1500. morto nel 1560. Intorno a costui, già monaco benedìttino, poi riformato, v. uno fft\idio di Paol^ Zonta nel « Giornalie Storico della letteratura ita- liana », t. 67 e 68.

(2) « Atti e meanorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romaerna ». lu£<lio-dicembre 1927, pag. 344-345.

(3) Angelini, pag. 268-269.

(4) « l,e Ref ug<e italien de Genève aux siècles XVIe et XVIIe ». Genève. 1881.

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cato ; nel 1553 CkDsimo Montano ; nel 1563 Giovanni Antonio del Vian ; nel 1565 Vincenzo Venturino e Battista Pavese.

Nel 1571, il 6 aprile, abbiamo una sentenza contro Stefano Spinelli, detto de Cominazii, da elusone, eretico, e nel 1572 quella œntro un bre- sciano, Marco Zobbia, la cui morte illumina di fosca luce i mezzi usati dalla repubblica di S. Marco. Intorno a quel disgraziato, arrestato a Bergamo, si conserva in un manoscritto di quella Biblioteca Civica (1) sotto il titolo : .Morte d'un Heretico, questa spaventevole lettera scritta il 23 agosto dal doge Alvise Mocenigo al podestà Giorgio Oornaro ed al capitano Michele Bono: « H abbiamo ueduto nelle nostre lettere di 15 del mese passato la mala qualità di quel Marco Zobbia, inquisito et con- uinto d'heresia et l'ostinata mente sua di uoler continuar neUe grani sue opinioni. Onde non restaua altro se non che dall'OfiBcio dell'Inqui- sitione anche (sic) dato al braccio secolare. Ma perche esso ui era di- mandato dalli S.ri Grigioni, come suo huomo. Voi desideraui d'hauer l'opinione nostra, prima che essequir alcuna cosa contro di lui, però ui dicemo con il Cons.o nostro di X et zonta che essendo questo scelerato heretico datto in poter nostro, dobbiate contro di lui far essequir la sentenza del Tribunale dell'Inquisitione, secondo l'ord.o, ma secreta- mente, con farlo strangolare in prigione, ò vero annegare, come meglio ui parerà ».

L'atroce sentenza fu eseguita il 27 agosto in cui lo Zobbia fu posto nella prigione di fondo della torre e consegnato a Prospero Vicalio, conestabile, ed a Pasqualino de Marco, cavaliere prefettizio, i quali lo fecero strozzare dal carnéfice e sotterrare di notte sopra il terraglie (2), affrettandosi a dar conto, il 29, al governo di quanto avevano fatto. Come si vede, la Signoria, che desiderava mantenersi in buone relazioni coi Grigioni, non osò respingerne apertamente l'istanza, ma la eluse, col ricorrere ad un mezzo che sembra legittimare i truci racconti che ci sono stati tramandati intorno ai metodi usati da quel Governo.

I parenti del martire bresciano, il quale da\'eva appartenere a fami- glia cospicua, che aveva aderenze a Chiavenna ed a Cremona, ripara- rono a Ginevra, ove nel 1579 troviamo i nobili Francesco e Costantino Zobbia, col figlio Marco, dei quali i due primi erano pmbabilmente fratelli ed il terzo, come lo fa supporre il nome, nipote della vittima del 1572.

In quell'anno fu accusato di luteranesimo un certo Vincenzo Mar-

G. B. Calcetti. « Raccolta di diverse legeu civili e triminali ». voi. 7o, fol. 160. Cfr. Angrelini. op. cit.. patr. 275.

(2) Terrapieno della Rocca, ove si sono troN-xite reci3nt«eniente ossa, fra le auali vi sono forse quelle dello Zobbia.

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chisio, cui seguirono nel 1579 Gandino de Gandini, nel 1581 fra Cle- mente Valvassor, nel 1586 Pellogrino dalle Crosette, per disprezzo della religione, e Pietro Zaxxpzi (forse Zor^i) per luteranesimo (1).

Troviamo pure in quel periodo fra i bergamaschi rifuigiatisi nell'ospi- tale Ginevra, nel 1575 un certo Vitale, nel 1577 un tale Jolina, nel 1579 Bartolomeo BoUa, nel 1580 Bernardino e Francesco LonageUa^ e nel 1587 Raimondo Longhino, i cui nomi, talora incompleti, sono stati tra- scritti dal Galiffe.

Si comprende quindi come di fronte alla repressione feroce l'eresia bergamasca sparisse a poco a poco : tanto che nel 1576 il capitano .Mar- c*Antonio Memo, nella sua relazione alla Signoria, dopo avere accennato aUa visita del cardinale Carlo Borromeo -ed alla consolazione da lui provata per la molta pietà degli abitanti, sogigiunge non esservi in qu^a città e nel suo territorio «pur una minima scintilla d'heresia, siccome posso ancor io per gratia del nostro Signor Iddio con l'esper rienza di 20 mesi et più che sono stato lì, rendere fedelmente testimo- nianza che mai mi è occorso redurmi per causa della Inquisitione » (2).

Tre anni dopo, il 19 maggio, neUa sua relazione il podestà Jacopo Oontarini scriveva aUa sua volta : « Poeto sArrei da dir aUa Ser. V. in materia dell'ofiBcio deU'Inquisitione, se non fosse per consolarla col nar- rargli una igrandissima maraviglia, et cosa non creduta da alcuno, che hauendo questa città eterno trafìco^ et confinando con paesi luthe- rani, non si trovi pur una minima sospitiooie d'heresia, et in 24 mesi ch'io son stato a Bergamo, per diligentia che habbi usato, non hebbi trovata occasione che meritasse una minima citatione ; et creda la Ser. V. che et da Mons.re Vescovo et dall'Inquisitore et da me s'ha fatto ogni prova, non parendo neanche a noi, ch'eravamo sul fatto, cosa veri- simile che se non palesemente, almeno di nascosto vi fosse qualche in- fettione ; ma veramente non vi è cosa alcuna, di òhe se ne deve render infinite gratie al Signor Dio dal quale procede questo miracolo, et la Ser. V. ne deve restar molto consolata» (3).

A voler essere esatti, il Contarini era forse un po' troppo ottimista ; giacché, tralasciando le denunzie del 1579 e del 1581, abbiamo, il 10 gennaio 1585, un ordine del Senato al podestà di Bergamo di conse- gnare all'inquisitore il frate Barnaba, cappuccino, apostata, prigione del S. UflQcio di quella città, imputato di eresia, perchè, secondo la richiesta del Nunzio pontificio, potesse essere confrontato con altri suoi

(1) V. « Rivista Cristiana ». loc. cit.

(2) Biblj Civica. « Documen'ti Veneti » estiratti dall'Archivio dei Frari ». Mss.. t. II. pacr. 184-185.

(3) Id.. «Relazioni Venete ì>. voi. IV. pa». 47.

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complici, detenuti in Milano : però dopo l'esame doveva essere riman- dato a Bergamo ad ogni richiesta dell'inquisitore e dei rettori (1).

Non sappiamo, come al solito, quale sia stata la sorte di ojstui : per-ò è certo che se non abiurò, lasciò la vita sul patibolo.

Del resto, malgrado tutte le cure, qualche scintilla do\eva essere ri- masta, giacché fra gli accusati di luteranesimo troviamo ancora nel 1590 Giuseppe Tasso, appartenente forse ad un ramo della famiglia dell'autore della Gerusalemme ; nel 1591 Oio%'. Pietro Casirio ed un monaco indicato col nome di fra Domenico (2).

In ogni modo l'eresia era oramai debellata : tanto che il podestà Alvise Friuli, nella relazione del 15 giugno 1593, scriveva alla sua volta : « Sono essi popoli et nobili religiosissimi : ne per Dio gratia in quel territorio si sente alcuna minima scintilla d'infettione d'Heresia, non ostante che et in quel terreno capitino liberissimamente et vi stiano per i loro negotij la maggior parte dell'anno mercanti Tedeschi Here- tici conosciuti, se ben ui stanno senza scandalo alcuno de nostri, et per confinar quel territorio con la Valtellina et paese de S.ri Grisoni, per il più infetti di questa maledittione, li sudditi deUa Serenità Vostra ui capitano et trafiBcano liberamente, trattando i loro negotij et mercantie, senza impedirsi punto in cose di religione : il che credo io che succeda così felicemente per esser quei suoi fedelissimi sudditi impiegati nelli negotij et traffichi loro, lontanissimi dall'otio, dal quale in fine deriuano tutti questi mali» (3).

Sul finire del secolo si ebbe un ultimo contrasto tra l'autorità civile e religiosa, per questo motivo : Aveva l'inquisitore di Bergamo fatto arre- stare per eresia, il 26 dicembre 1594, un milanese, Marco Antonio de Capitaneis, ed aveva proceduto all'istruttoria contro di lui senza curarsi dei reggenti, i quali si affrettarono ad informarne il Governo.

A questa soverchia indipendenza del S. Uffizio il doge Pasquale Ci- cogna si oppose energie anìen te con l'inviare, il 23 gennaio 1595, una lunga lettera al podestà Bernardino Priuli e al capitano Giovanni Que- rini, nella quale deplora «l'ingiustissimo e scandaloso procedere di quell'Inquisitore » ; loda i due magistrati per la loro diligenza, li in- forma che ha scritto a Roma per chiedere gli opportuni pra\-vedimenti : annulla gli atti del processo, fatto senza il loro intervento, contro le convenzioni stipulate con la Santa Sede; assegna loro la custodia del prigioniero; li incarica di fare un'inchiesta sugli atti di quel tribu-

Cl) Angrelini. pag. 282.

(2) « Rivista Cristiana ». loc, oit.

(3) Bibl. Civica. « Doc. Veneti ». t. II. p. 278.

naie, « et come et quando sia stata intixxiotta questa corrulela » : chiede chi abbia ordinato e fatto l'arresto ; e in attesa di notizie comanda loro di badare afiBnchè non succedano più simili inconvenienti.

Questa lettera nella quale si rivela un'altra volta la fierezza del Go- verno Veneto, dw'^ette fare una non liei\^e impressione : poiché il 23 fe]> braio, nel palazzo episcopale, il vescovo e l'inquisitore annullarono la cattura ed il processo del De Capitanels, come fatti per errore.

Della vittoria ottenuta i rettori si affrettarono ad informare il doge, che il 4 marzo li lodava della buona opera compiuta col rimuovere l'in- (luisitore 'dall'errore in cui era caduto : prendeva atto, compiacendosene, dell'annullamento : li incaricava di manifestare la sua soddisfazione ai due ecclesiastici che, esercitando il loro ufficio dentro i debiti ter- mini, avrebber-o sempre potuto fare as.segnamento sulla cooperazione del Governo. Quanto al prigioniero, affidato alla custodia dei rettori, gli -si doveva rifare il processo col loro intendente per prendere poi le deliberazioni convenienti, «secondo la qualità e giustificatione del de- litto» (1). Inutile dire che ignoriamo la sorte dell'imputato.

Lo agradevole incidente aveva però resa sempre più attenta l'autorità laica : tanto che il 23 agosto 1597 il nuovo doge. Marino Grimani, scri- veva al podestà Giorgio Cornare (Corner) e al capitano Girolamo Al- berti che se fossero ricercati dall'Inquisizione per la cattura di qualche imputato, non la concedessero, se le persone nominate non fos,sero espressamente accusate di eresia ; dovessero poi assistere ai processi ; e nei casi dubbi o difficili si rivolgessero aUa Signoria per averne gli oMinl. Li incaricava di far registrare la lettera neUa Cancelleria, af- Ikichè servisse di norma per i loro successori (2).

Estirpata nella provincia l'eresia, Venezia non ebloe più che da pre- occuparsi d'impedire la propaganda eventuale dei suoi vicini, con i quali continuavano le solite relazionL Così il 4 marzo 1604 ordinava fossero ripubblicati i capitoli e le concessioni d'esenzione ai Grigioni «eccettuando però queUi che parlano di Religione ed altro, che non aspetti alle cose del traffico e mercanzie». Ed il 21 giugno 1608 pren- deva quest'ultimo prov\'edimento che sia a noi pervenuto: Che li Suri- gani (cioè gli abitanti di Zurigo) siano liberi dal pagamento del pe- * dagio ; che a Surigani sia usato alle porte della città quel amoreuole trattamento che si conuiene e che si usa a sudditi del dominio ; che loro sia permesso alloggiar nelle case de' priuati e locande, mentre proceda

(1) Bibl, Civica. Calvetti : c Raccolta di Ducali, ecc. ',\ voi. VII. fol. 59-62. Cfr. Ansrelini. pagr. 29G.

(2) Bibl. Civ.; Calvetti. fol. C5 e 122.

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in modo che non diano scandalo, onero s'ingeriscano in cose che toccano la coscienza e la Religione» (1).

Prima di chiudere questi appunti, pur troppo incompleti, ma che bastano ad aprire vasti e foschi orizzonti dinanzi alla mente degli stu- diosi, voglio aggiungere alcune notizie intorno all'Inquisizione di Roma, inviate per lo più al duca di Modena, Cesare d'Este, da un suo dipen- dente, Fabio Masetti, il quale, fra la congerie infinita delle sue lettere, per lo più insignificanti e fastidiose, ha qualche accenno degno di nota.

L'8 aprile 1609 scrive : Domenica nella Chiesa abiurorono alcuni hc- retici, ma dui, l'uno Caluinista ostinatissimo, è stato stamattina abbruc- ciato uiuo, l'altro relapso impiccato, et di poi abbrucciato.

Il Masetti accenna spesso ad una lunga contesa tra l'Inquisizione ed il duca che sosteneva un suo feudatario, il marchese di Scandiano, il quale pretendeva gli fossero devoluti i beni d'un suo suddito, certo Emanuele Mocati, passato (caso più unico che raro) nel 1600 dal catto- licismo al giudaismo e condannato in contumacia. Sotto la data del 9 settembre 1609 riporta le allegazioni del S. Uffizio, in cui è, fra gli altri, notevole questo periodo : Hodie vero postquam ad extirpandam numerositatem hereticorum, que in diversis partibus Italie excreverat ob negligentiam tum dominorum temporalium, tum episcoporum, opus fuit fere per singulas Civitates deputare Inquisitores et errigere (sic) tribunalia S.ti Offlcij, quorum opera et 'sumptu Civitates et dominia ab heresibus purgata servantur» ; dai che si vede come sui primi del Sei- cento la tremenda istituzione potesse vantarsi di avere compiuto l'opera sua e di avere rimediato alla debolezza ed alla tolleranza delle autorità laiche ed ecclesiastiche.

Alla sua volta il marchese, in una risposta riferita il 19 settembre dal Masetti, accennava ad alcuni eretici condannati a Reggio, fra i quali Bernardina Frigena, strigia, cioè strega, Andrea Merlotto della Mirandola, Maria de Gattis, Maria Calugana e forse altri, i cui beni, dopo la loro condanna e la loro fuga o morte, meritata per eresia, erano stati lasciati ai parenti, senza opposizione del S. Ufficio.

Il 27 luglio 1611 il Masetti al duca quest'altra curiosa notizia: «Stamattina è stato abbrucciato un Prete di 65 anni in circa che giu- daiziava, tenendo per fermo che solo i Giudei si potessero salvare. S'è condotto con il sbadaglio (sic, per bavaglio) alla giustitia : uodcndo che uoleuano abbrucciarlo uiuo, s'è conuertito ; onde l'hanno prima impic- cato e poi abbruggiato, et con lui due statuo di certi Lopez Portoghesi ».

(1) Angelini, pag-. 302-307.

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Questi ultimi, eretici o ebrei relapsi, erano riusciti a fuggire e furono arsi in effigie. Quanto al disgraziato sacerdote, di cui ignoriamo, al so- lito, il nome, ebbe almeno il conforto di essere strozzato, prima che il suo cadavere fosse dato alle fiamme, E che si trattava, al massimo, d'un originale, le cui teorie non potevano far male a nessuno.

Il 26 nov^embre dello stesso anno abbiamo ancora questa notizia : Mercoledì notte fu fatt'impiccare un Prete Calabrese dell'ordine delli Ministri sopra gli infermi in Campo di Fiori circa l'ott'hore : dicono fosse apostata et tenesse commercio con heretici ; et solamente fu por- tato da quattro f achini alla sepoltura» (1).

Così finiva quell'altro martire anonimo nello stesso luogo ove undici anni prima il rogo aveva consumato una vittima ben più illustre, Gior- dano Bruno, morto il 17 febbraio, ora giorno sacro alla libertà di coscienza.

Ricorderò infine un processo a\Tenuto assai più tardi, cioè forse nel 1640, intorno al quale si conferva, nella Biblioteca Civica di Bergamo (2), una relazione anonima, in cui si narra che il 18 di maggio Monsignor Spada, Lucchese, Governatore di Roma, fu invitato ad intervenire in S. Pietro all'abiura d'alcuni inquisiti nel tribunale del S. Offizio. In primo luogo fu letto il processo contro Marco Antonio Filippi, vene- ziano, uomo d'aspetto venerando, d'età di 52 anni, prima canonico rego- lare del SS. Salvatore. Essendo stato incarcerato come sospetto, igli era stato trovato un libro intitolato : Confessio fidei Marci Antonii Philippi, Veneti, nel quale si contenevano molte cose contro la fede cattolica.

Interrogato intorno alle sue dottiine, disse che sin dai 19 anni aveva ritenuti per veri gli articoli del suo libalo, per lo più conformi alle teorie di Calvino, e che sebbene fosse stato promosso al sacerdozio, ave\'a stimato di non essere bene ordinato ed aveva celebrato messa per osser- vare l'uso degli altri e sfuggire all'Inquisizione. Essendo poi stato de- stituito dall'ufficio di priore del suo convento, per mala amministra- zione, aveva apostatato : e recatesi in Inghilterra, vi aveva composto e fatto stampare il suo libro, da hu distribuito a molti.

Come sia poi tornato in Italia non si sa ; e non si dice neppure dove sia stato arrestato : se a Roma o altrove. Iniziatosi il suo processo, so- stenne dapprima pertinacemente le sue opinioni, sebbene fossero state combattute da molti religiosi dottissimi : finché, di fronte alla minaccia di morte, «dichiarò di volere abbracciare la fede cattolica romana, come fece, e fu condannato aUa carcere perpetua».

In questo niodo la Chiesa romana potè vantarsi di avere riportato un nuovo trionfo, dovuto, come tanti altri, ad un solo motivo, cioè al terrore del rogo. PIETRO RIVOIRE.

(1) c Archivio di Stato di Modena. CanceUej-ia ducale ». Dispacci da Roma di Fabio Masetti.

(2) Mss. leffato, intitolato: «e Diverse condanne», pag. 216 e set.

LE VALLI VALDESI

dorante la Rivoluzione, la Repubblica e l'Impero Francese

APPENDICE della PARTE 1^

(Continuazione, V. Bulletin de la Société d'Histoire Vaudoise -N<>52- 1928)

I DOCUMENTI:

I.

Lettera dell'Intendente Pagran al Moderatore Peyran.

L'originale si trova nell'Archivio della Tavola Valdese, Carte Pejran.

M.to Ill.tr e Pron, Osser.mo,

In oocasione che V. S. ìM.to Ill.tre mi presentò questa mattina la R.a Patente permissiva, al Corpo Religionario delle vicine Valli, della convo- cazione della loro Sinodo, essendomi richiamato alla memoria Vàbuso d'alcune delle Chiese protestanti di nominare molti soggetti per depu- tati a rappresentare gl'occorrenti rispettivi, siccome osservai che la moltiplicità loro, oltre ad essere di soverchio dispendio al r castro reli- gionario, resta poi ancìie inutile, anzi degenera in confusione e ritardo a conchiudere le deliberazioni dell'adunanza sinodale, convenendo per- tanto andar al riparo della soverchia spesa e confusione, ne prevengo F. S. M.to Ill.tre affinchè renda avvertite le Chiese rispettive di non dovere nominare salvo un solo deputato per caduna, quello cioè nella capacità e probità del quale avranno la confidenza maggiore, mentre se venissero ciò nonostante a nominare più d'uno, si admetterà tra essi un solo vacato al giorno, divisibile fra di loro.

Mi giova ad un tempo di notificare che ho fissato per l'adunanza sino- dale li giorni dodici, tredici e quattordici del mese di Settembre corr.te anno, affin<ihè possa V. S. M.to Ill.tre unitamente al sig.r Moderatore farne pervenire gli avvisi e, dare le disposizioni convenienti jyeì' il tempo sud.o.

Mi pregio intanto di professarmi colla più distinta osservanza

Di V. S. M.to Ill.tre Pinerolo li 27 luglio 1791.

Div.mo Obbg.mo Sei^it.re Pag AN.

M.r Jean Rodolphe Pejran

Ministre à Villesèche, Modérateur Adjoint.

40

IL

Supplica del pastore Mondon al Re.

Questa Supplica, come le due lettere seguenti del pastore Mondon, sono riprodotte dalle minute di lui, che ci siamo studiati di riprodurre fedelmente, colmando le abbreviazioni non sempre chiare.

In Arch. Soc. S. V., Biblioteca Melile, Miscellanea.

26 Juin 1792.

J*aî lu (pie plusieurs assas^ns, voleurs, incendiaires avaient reçu des lettres de grâce, de la part de plusieurs Rois de France, et que ces lettres étaient toujours ntotirvées sur les services que les ayeux de pareils cri- minels avaient rendus au Rois leurs prédécesseurs. Uinfiniment petite nation des Vaudois (surtout dans les l^uerres du 1690 et du 1703) a fait. Sire, pour la Maison Royale de Savoie, ce qu'on aurait eu peine à at- tendre d*un grand peuple. Je trouve en parcourant les Histoires Fran- çaises mêmes que plusieurs lieutenants généraux de leur nation ont cédé la victoire à nos armes triomphantes. Tels sont les Marquis de Larrei et de Vins, le célèbre Marquis de Feuquières, M.r le D. d'Elbeuf, M.r de La Hoguette, M.r de Senneterre et, je ne dirais peut-être pas trop, en ajo^itant le Duc de la Feuillade. Votre Majesté n'ignore pas que ce dernier tenait déjà en quelque sorte par un fleuron, la Couronne Du- cale, et qu'il comptait la faire tomber par terre, qu'il s'en vanta, que ce fut l'intrépidité des Vaudois qui la soutint et qui trompa ses espé- rances. Or, nwn ayeul était le plus vaillant des capitaines de ce redou- table peuple. Sur ce fondement, je vous supplie, ô Majesté, de recon- naître tout cela, en m'accordant la pennission de reprendre les fonc- tions pastorales de l'Eglise Evangélique de Prarustin. Ce sera un motif de plus ajouté aux autres, qui me fera dire être jusqu'à mon dernier soupir

De V. M. le très obéissant serviteur et sujet

D.D Mondon.

III.

Lettera del pastore Mondon al Ministro Conte Graneri.

Au et e Graneri.

Monseigneur, Je prends la liberté de recommander à V. E. la requête ci-incluse et la supplique de vouloir bien lui donner cours jusqu'aux

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mains de S. M. : 9 niois d'anxiétés, déjà écoulés depuis ma déjyos-ition de Pasteur, valent bien une viort moiiientanée et doivent satisfaire la ven^/eance de mes ennemis. La raison, la charité, la reconnaissance jxntr les services de mes pères, la pitié pour mes pauvres enfant, n'auront-ils pas leur tour ? La vraie politique ne se trouve-t-elle pas dans la clé- mence ? Et la gloire de .tnon Roi peut-elle avoir lieu dans la continua- tion de ses rigueurs ?

On m'a représenté Msgr. le C.te Graneri comme un vrai philosophe. Il doit donc se condaner lui->niême sur la réception qu'il m'a faite ce printemps : si j'avais eu l'ame d'un Louvois ou d'un M.l de Trivulce elle m'eut été mortelle et vous eussiez tué celui qui espère pourtant encore de vivre et de montrer par des effets combien sincèrement et fidèlement il peut se dire de V. Ex.

le très humble, très obéissant et, s'il plait à Dieu, au Roi et à ix)us, le très reconnaissant serviteur

Da\td m on don.

IV.

Lettera del pastore Mondon all'Arcivescovo di Torino.

A l'Archevêque de Turin.

L'ìionneur que V. E. m'a fait en daignant répondre à ma lettre a sen- siblement touché mon cœur. N'importe la froideur avec laquelle elle est commencée. J'espère cjue la fin qui a 2ylus de chaleur a en même tems plus de sincérité. Pourquoi mon malheur et le soin de le réparer serait-il étranger. à vous et à votre charge? Est-ce i>arce que nous adorons Dieu avec des habits différents ? Et ciu'iviportc, si les fruits de notre piété sont et doivent être les mêmes ? La Religion vi'aie n'est-elle pas toute charité Ì

Quand je vois dans un même enclos la vigne, le figuier, l'amundiei' sous un feuillage divers porter tous également des fruits exquis, je me dis que c'est l'image de la Religion vi'aie et bonne, dans toutes les sectes, quand elle inspire les solides vertus. Je n'y craindrais que la ronce, c'est-à-dire l'esprit de jiersécution. Si on la laissait se propager, elle étoufferait, elle couvrirait tout.

Vous m'offrez, Msgr, de parler à S. Ex. le C.te Graneri en ma fa- veur ! J'accepte les effets de votre bonté et vous conjure d'ajypuier de vos charitables sollicitations une lettre que j'écris à ce l.cr Ministre et une requête que j'adresse au Roi. Rien ne se pourra ajouter alors à la vénération infinie dont est et sera pénétré

de F. E m. le très humble etc.

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V.

Lettera del Comandante Palma al Giudice di Luserna.

L'originale in Arch. Società Storia Valdese, Carte Volla.

Al M.to III. Si^. Avvocato Danesi

Giudice di Lìisema.

M.to III. Sig. iPron. Oss.mo

Avendo determinato di far prendere le armi alla l.ma compagnia del Luogo di S. Giovanni, incarico V. S. Mio IlL di chiamare a se alla rice- vuta di questa il Capitano della medesima ÌPietro fu Pietro Vola affinchè faccia avvertiti tutti gli individui di detta Compagnia di tenersi pronti a mvarciare alla volta di Mirabocco dove verranmo ripartiti dal sig. Uf- ficiale Comandante Vassallo Grotti nei posti da custodirsi, ed intanto ordinerà allo stesso Capitana Vola di recarsi da me prontamente per ricevere le necessarie istruzioni.

Per armare detta Compagnia farò passare al Luògo della Torre le armi necessarie colle munizioni da guerra, ed in attenzione di riscontro passo a raffermarmi con distinta divozione

Di V. S. M.to III.

Pinerolo li 29. l.bre 1792.

Div.mo óbhlig.mo sei'vid.re Pauvia«

P. S. Dopo scritta la presente essendosi riconosciuto die la Comunità di Bobbio ritiene un numero sufflcente d'armi e .munizioni da guerra per armare la detta Compagnia di S. Gio. perciò la medesima dovrà prendere le armi in detto luogo, ritirando soltanto dalla Comunità della Torre numero tre sobri per i sargenti non avendone per ora maggior quantità, mancandovi pure le bandoliere, le quali giungendo a questa città si faranno poi passare a dette Compagnie, ed intanto raccoman' derà al Capitano di far avere la dovuta cura dei cartocci.

Si compiacerà di prevenire la Comunità di Bobbio che dovrà colà ar- marsi detta Compagnia di S. Gio.

le \

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VI.

Instrucfion pour Ics Commandés au Prés scavoir Compagnie Vola et Musset.

Copia in Archivio Soc. Stor. Vald., Carte Voile.

En cas de découverte de nombreuse troupe ennemie qu'on aije reconnu descendre du Col de la Croix pour venir attaquer les postes du Près, On ferà allumer tout de suite les fanaux sans bruit pour donner les signaux de poste en poste d* Alerte, après quoi le deux Compagnie Vola et Musset assanibleront aussitôt leurs soldats en bon ordre et tacheront de gagner les hauteurs de la gauche qui tendent au fort, et par un feu bien combiné et fait en bonne ordre procureront de repousser Vennemi, se servant beaucoup des pierres ayant la supériorité des hauteurs sur ses adversaires, qui seront pris au milieu des deux feux, scavoir par eux sur la gauche et sur la droite par ceux de la Partie d'Amont qui auront gagné les hauteurs du Col Baran qui tendent vers le devant du fort, et cotojant ainsi les hauteurs chacun de leurs coûtes seront à même d'harceller Vennemi qui pourrait tenter de filer dans la Vallée pour venir attaquer le fort,

Miraboiic le 19 8.bre 1792.

On vous prévient que chaque poste en cas d'allerte enverra un homme tout de suite avertir le poste phis à sa portée, et cela d'un poste à l'autre.

Messieurs les Officiers ne quitteront jammais leur poste que par des raisons bien légitimes, ou qui dussent représenter ou faire la relation de quelque chose de bien de conséquence à M.r le Gouverneur.

De Quassol.

VII.

Lettera del Governatore del Forte Mirabocco ai Capitani delle Milizie Valdesi.

L'originale in Arch. Soc. S. V., Carte VoUa.

A Messieurs les Capitaines des Milices Vaudoiscs

Canto nés à Bobbio.

Messieurs,

Je vous fais parvenir la présente pour vous dire de vous mettre en marche aussitôt que vous le i)ourres pour vous rendre à Mirabouc en prendre les ordres de Mons.r le Commandant Vassal Croît is de votre

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destinafAon, persuadé de votre empressement et zele pour le service du Roi notre bon maitre, qu'il m'a beaucoup parlé de vos services passés et que s'en étant toujours beaucoup loué j'ai lieu de me flatter que vous ne serez jammais pour démentir la bonne renommée que les Vau- dois se sont si bien acquise dans toutes les occasions. Des bons et fidels sujets coTiime vous ne peuvent qu'être aimés de leur Roi, et puis vous assurer que vous Vêtes par tout ce qu'il m'a dit de vous et que je m'empresserai toujours de vous rendre auprès de lui la justice que vos bons services sauront se mériter, doutant nullement de votre activité et vigilance pour tout ce qui peut le regarder dans les actuelles cir- constances. Je suis très distinctement Messieurs

La Tour le 3. S.ftre 1792.

Votre très obb.e Serv.r De Qdassol Gouverneur de Mirabouc,

VIII.

Ordine militare del Grotti al Capitano VoIIa.

L'originale in Ardi. Soc. S. V., Carte Volla.

A Monsieur Pierre Volla, Capitaine

Prà.

Carissimo Amico.

Alla ricevuta della presente d'Ordine dell'Ill.mo Sig.r Cavaliere di Qv as- solo farà partire la sua compagnia per ritirarsi e si pronterà un ruolo ben giusto degli uomini presenti acciò si possa provvedere a suoi conti dal Sig.r Commissario, e passando alla Torre si consegnerà ogni genere d'armamento con tutta fedeltà e diligenza e procurare che non si faccia verun disordine ove dovessero alloggiare in questa notte in qualche vi- laggio e passo con tutta la stima

Mirabocco li 13 9.mbre 1792.

Dcv.mo servitore

ClìOTTI.

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IX.

Lettera del Comandante Gaudin al Capitano VoIIa.

L'originale in Arch. Soc. S. V., Carte Volla.

A Monsieur ^Pierre Volla Capitaine de milice, A S.t Jean. Monsieur !

Vous partirés Samviedy procìiain 22.e du couvrant, avec votre Conip.e pour vous rendre au Prat, oH M.r le Tiiajor Goante qui y est destinera remplacement que vous devez aller occuper. Aies soin de faire avertir tous les individus de vvtre Canip.e d*être prêts à partir ce jour à bonne heure. J'espère qu'attendu le service que fai rendu à toute la Communauté je trouverai tout le monde obéissant et prêt à manifester leur zèle et leur empressement pour le service du Roi.

Je vous prie de passer ici aujourd'hui ou demain matin pour voîis remettre une Instruction Concernant le service journalier et autres articles, devant partir demain après midi pour la Vallée de S.t Martin, je m'arrêterai peu de jours.

J'ai l'honneur d'être avec une parfaite considération Monsieur

Votre très humble et très obéissant serviteur Gaudin.

La Tour le 18.e Juin 1793.

X.

Instruction pour Messieurs les Capitaines des Milices Vaudoises.

Copia in ArcMvio della Soc. d. S. V., Carte Voile.

La plus grande faute qu'on puisse commetre à la guerre est celle de se laisser surprendre par l'ennemi dans les postes qui sont confiés, puis- qu'il peut en résulter la perte de l'Etat.

Il faut pour éviter toute surprise:

Que les Capitaines ne quittent famais leurs postes sous quelque prétexte que ce puisse être, et ils ne permetrons à aucun individu de leur compagnie de s'absenter.

Ils donneront ordre à leurs officiers, sergens et caporaux d'être extrêmement vigillens et attentif quand ils seront commandé de service, ils auront soin que pendant la nuit la moitié de la Garde soit éveillée.

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tandis que Vautre moitié reposera. Les officiers et bas officiers visite- rons souvent les sentinelles pour reconnaAtre si elles suivent exacte- ment la consigne qu'ils auront reçu et devront toujours être conduit auœ postes par un caporal qui repettera la consigne^ chaque fois qu'on relèvera les sentinelles.

30 II y aura toiijours une garde avancée dans le lieu 011 la Cmnp.e sera postée d'un caporal et quatre soldats. Ce caporal aura ordre d'ob- server soigneusement tout ce qui se passera autour de son poste. Il devra avertir immédiatement s'il apparait quelque mouvement de la part de l'ennemi ; en ce cas le capitaine fera prendre les armes à toute sa compagnie et se portera dans l'endroit pour le repousser.

40 Ils feront faire continuellement des Patrouilles, surtout pendent la nuit, tant par les Officiers que par les bas officiers qui auront quatre soldats avec eux. Ces Patrouilles ne parleront point et marcheron avec le moins de bruit possible, s'arrêteront de tems en tems pour écouter si elles entendent quelque bruit, en ce cas celui qui la commande en- verra reconnmtre,, et fera informer le capitaine qui irra reconnaître lui-même ce que c'est, et si le besoin l'exige il fera prendre les armes à toute sa compagnie.

50 C'est plus particulièrement une heure ou deux avant le jour, et dans les tems de brouillard, que tout le monde doit redoubler d'atten- tion et de vigilence dans les postes, puisque c'est alors que l'ennemi tente à surprendre, dans l'espérance de trouver les postes endormis.

Les capitaines ferons tous les motins leur troupe éveillée et prête à tout événement qui peuvent se présenter. Toutes ces précautions sont de la plus grande importance, et je ne saurais trop exhorter tous Mes- sieurs les Officiers à être attentifs, vigilens, exacts et fermes dans les postes qui leur seront confiés, et j'espère que chacun d'eux sentent combien cela est nécessaire et qu'ils s'y conforment.

Le Roy ma ordonné de rendre ^messieurs les Capitaines responsables des cartouches qui auront été remises aux soldats, attendu la grande quantité qui manquent. Pour éviter les abus qui se sont commis à cet égard, les capitaines préviendrons tous les soldats, qu'ils payei'ont sur leur paye un sol et huit deniers par chaque cartouche qu'ils perdront par leur négligence. Si l'on en fait journellement la visite par les ser- gens et caporaux et quelque fois par les officiers les soldats en auront plus de soin, surtout quand ils sauront qu'ils doivent les payer.

La propreté des armes est aussi très essentielle, car sans cela elles se rouillent et peuvent être irmtiles dans un pressant besoin. L'on aura attention de les visiter souwent et l'on obligera les soldats à tenir tou- jours les fusils dans le meilleur état. Fait à la Tour le 1793.

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Messieurs les Capitaines enverront tous les deux jours à M.r Vertu Vaide major au Prat la force se trouvera la Compagnie et notteront au bas les hommes absens avec permission et ceux qui le seront sans permission, pour combien de jours ces premiers l'ont obtenue, marquant le jour qu'ils partent, ce qui se fera de la manière suivante

Compagnie N. N.

Le ... Juin, force de la Comp.e présens supposé 58.

Le ... Juin N. N, part avec permission pour 2 jours.

Le ... Juin N. N. absens sans permission, et lorsque les hommes rejoindront, on mettra sur le billet le jour qu'ils seront arrivés.

Fait à La Tour, le 26 Mai 1793.

Gaudin Cól,l Comd,t,

XL

Lettera di Isacco Goanta allo studente di Losanna J. j. Jalla*

Da una lettera favorita dal prof. G. Jalla. Reca la data del 6 aprile 1793.

«Fows saurez sans doute que mon Père a été nommé Capitaine de milices vaudoises de la ville de La Tour {avec Michel Fraghe de Pror Castel pour la Costière) il a donc fait sa campagne l'année dernière sur les Alpes du cotté de Mirabouc, ou il s'est toujours bien porté. Dieu soit loué, après quoi il descendit ici quelques jours. Et me tranquilisa, sur l'inquiétude que j'étais qu'on me fit aussi marcher, par les raisons que comme j'ai dépencé pour m'entretenir quatre années à faire mon aprentissage, il est douloureux qu'à présent que je m'entretiens de Ttixm travail j'eusse à quitter, pour servir dans une guerre telle que celle-cy, qui ne peut que n'être avantageuse surtout pour nous Vaudois.

Du depuis j'ai eu la nouvelle qu'on m'avait nommé avec Lami Combe, l'un ou l'autre, .mais les voix étaient tombées sur moi, pour rermpiacer un qui a obtenu ses invalides dans le Battaillons de Pignerd. Vous savez qu'on peut au plus venir au grade de sergent dans ce régiment. Quel triste sort il aurait été pour moi, comme vous pouvez concevoir. Mon, Père me donna pour conseil de m'exempter du pays, je me serais pro- curé en ce cas le plaisir de vous faire une visite... si ce n'était du tort et des chagrins que cela pouvait faire à ma maison, car outre de payer l'amende, j'aurais été banni du pays. Il aurait mieux vallu en ces cas me sacrifier aux fantaisies des Gxls etc. etc. Mon Père me vint

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prerUire pour me présenter au Ccmimandant de Pignerol, m'étant pro- curé une lettre de recommandation pour lui, qui Va beaucoup engagé en ma faveur, et avec les excuses que nous avons trouvées convenables à lui présenter, m'ont fait exempter, Dieu soit loué du service (Lami Combe de même). Et je suis revenu à Turin, mais sans aller aux Vallées, pour faire part de mon sort, à cet égard, à Mans. Brouzet qui m'a en considération et qui m'aime...

Mon Père est parti au commencement de ce mois pour le fort de Mi- rabouc avec sa compagnie, il ne dodt pas s'y amuser, car il fait un tems orrible. Il y a tout lieu d'espérer qu'il sera fait dans peu Major. (Monsieur Gaudin qui était Major dans Chablais est collonel Conmian- dant de toutes les milices vaudoises et Mons. .Marauda lietenant. Il n'y fallait pas moins pour sa grosseur maestueuse.

Voilà comme se passe les affaires dans nos quartiers. On a peur des français que le mauvais tems empêche soit d'un cotte que de Vautre à se battre ; nous sommes la plupart du tems oisifs. On fait peu en Ban- que accause des dérangemens et retards des courriers. Et encore moins en viarcïmndise de soye. Il faut espérer qu'il y aura bientôt quelques arran^emens, car toute VEurope en souffre étant en combustion. Je ne m'ettendrai pas davantage sur ce sujet, accause des désagréments qu'on pourrait avoir »^

XII.

Ordine del Colonnello Gaudin alla Comunità di San Giovanni.

L'originale in Arch. Soc. S. V., Carte VoUa.

La Communauté de S.t Jean ayant épargné dans la levée des Milices les familles ici-bas spécifiées, et cela je ne sais par qu'elle raison, le sous- signé leur ordonne de n'avoir égard a aucune famille quand il s'agit du service du Roi, et demande qu'on tire dans les milices quelques uns des individus.

Le sindic Jean Malanot a 4 fils \ et aucun de ces 10 enfans ne fu- Guillaume son frèi^e en a 3 > rent pris pour la milice. Cepenr Bari.my Malan en a 3 J dant ces Messieurs les directeurs

doivent se faire un honneur et un plaisir de concourir avec les autres

au service du Roi, et j'espère qu'ils le feront.

La Tour le 10 Mai 1793.

Gaudin Col.1 Commandant.

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xni.

Mots de campagne pour le Mois d'Octobre 1793.

In Arch. Soc. S. V, Carte VoUa.

Jje l.er Le point du jour

16.

La violence

2. La tortue

17.

Vienne

18.

La poudre

4. Le bustion

19.

L'épine

5. La fureur

20.

Turin

6. La guerre

21.

La Doive

7. Naples

22.

Rome

8. UinteLlwence

23.

La flamme

9. La brune

24.

L'escalier

10, Le flambeau

25.

Florence

11. Madrid

26.

Londre

12. La pierre

27.

Berlin

13. La renoiïiée

28.

Lisbone

14. La Montagne

29.

La rosée

15. La Taicr

30.

Casai

31. Alexandrie.

XIV.

Lettera del Colonnello Gaudin al Capitano Volle.

L'originale in Archivio della Soc. di S. V., Carte Velia.

A Monsieur le capitaine Pierre Volle Commandé à Villeneuve.

Monsieur!

Le Roi m'aiant fait ordonner d'établir un Détachement à La Tour, et de le prendre sur les milices qui sont à Villeneuve, il doit être composé d'un Lieutenant, d'un Sengent, deux caporaux et xingt soldats. Confor- mément à cet ordre de^ S. M. vous cammandcrés Mons.r le Lieutenant Breusa à l'égard du sergent, les quatre que vous avés tireront au sort, à moins qu'ils ne s'entendent entr'eux. Vous en uscrés de viêmc envers les caporaux. Pour ce qui concerne les 30 soldats, il faudra les prendre par compagnie, c'est à dire sur celles qui sont à Villciieuve, qui doivent

4

50

être si je ne me trompe au nomhre de sept, en sorte que six compagnies fourniront trois hommes chacune et la septième en donnera seulement deux. Vous aurés attention, Monsieur, que le choix tombe sur des hom- mes robustes et portés de honne wlonté et propres aux expéditions dont on pourra peut-être avoir besoin. Ils seront logés, on leur fournira la paille, le bois et la lumière. Vous fermés le compte à tous de ce qui peut leur être du, pour, tout le four de leur départ, et vous soumettrés à Mons.r Breusa la paie de tous les individus pour tout le ll.e de Jan- vier, que vous porterés dans vos comptes, le Lard sera aussi compris dans cette paie, afin d'éviter que vos comptes ne s'embrouillent. Je prendrai des arrangemens avec M.r Si mondi pour leur faire distribuer le Ris ici, de même que pour leur procurer le pain.

Vous recammanderés à M.r Breusa de conduire cette petite troupe qui arrivera devant l'Archive de ce lieu, oH il recevera les ordres.

Les détachemens cis dessus partira demain, 28.e, si la chose est pos- sible, ou tout au moins le dimanche 29, au matin.

A l'égard des 20 soldats que je vous demande, cœii,me il jx)urroit ar- river qu'en prenant deux hommes ou trois par compagnie ils fussent des soldats peu propres à l'usage qu'Us sont destinés, vous pourrés vous écarter de cette règle et en prendre en plus grand nombre dans les compagnies qui auront des hommes robustes et hardis.

J'ai l'honneur d'être avec une parfaite considération Monsieur

Votre très humble et très obéissant serviteur Gaudin.

La Tour, le 27.e X.bre 1793.

J'oubliais de vous dire que xous ferés pdier le détachement pour quatre jours de pain et faire avertir le munitionnaire que vous avés 24 hommes de moins à Villeneuve, afin qu'il fasse moins de pain.

XV.

Due "serve di Contenta m.

Originali in Archivio della Soc. di S. V., Carte VoUa.

Serve di contenta al sig. Fusano Munizionere di Mirabouc per 7i<» no- vanta sei Inazioni di pane per li venti quatro uomini comandati in di- staccamento nel luogo della Torre tutti delle milizie di questa Valle ed estrati dal distaccamento di Villanova. Torre Val Lusema li 2 cteU'1794.

Antonio ©reuza Lmog.te Comandante del distaccamento sud.o.

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Serve di contenta al si^J.r Munizionere Fuzaìio per numero jiovanta sei razioni patio provviste al distaccamento delle Milizie Valdesi nel Luogo della Torre Val Luserna.

li 6 del 1794.

Antonio Breusa luogotenente Comand.te il distaccamento.

XVI.

Une Saint-Barthclcmi qu'on avait ourdi contre Ics Vaudois de La Tour, en 1794.

Stralciamo questo racconto dal mss.-originale di Paolo Appia, « ci-do- vant Membre du Conseil <3énéral du Département du Po etc. ex Juge de Paix du Canton de la Tour». Racconto scritto nel 1815, a richiesta del cugino Pietro Bert. Il mss. incomincia così: «Vous m'avez demandé, mon cher cousin, de tracer en obPégê un tableau de l'ancienne situation des Vaudois, du bonheur dont ils ont joui sous le Gouvernement Fran- çais et de leur état actuel: je vais tacher de m'en acquitter de mon mieux ». Fu il primo nocciolo delle « Mémoires » di Paul Appia, citate largamente, e non sempre con sano criterio storico, dal Muston. Riman- diamo il lettore alla nostra esposizione del fatto storico, alterato da questo racconto troppo leggendario.

Voici le fait connu par plus de mille témoins dignes de foi.

A la fin du mois d'Avi'il ou au coninicncem^nt de celui de Mai 1794, Ics Français s'emparèrent du Fort de Mirabouc, situé sur le penchant de la montagne qui conduit au Col de la Croix, d'où on entre de dans le ci-devant Dauphiné, position vraiment imprenable si elle avait été seulement deffendue par 50 hommes. Mesmer officier suisse y comman- dait ; il était malade; il eut la faiblesse de cèder le fort; on l'accusa de trahison, mais il s'en doutait si peu qu'il se rendit sans crainte à Turin, oH il fut arrêté. On lui fit son procès, et le Conseil de guerre le condamna d être arquebusé. Il subit cette inique sentence dans la citadelle. Son plus grand crime était d'être protestant. Un accusa aussi les Vaudois d'avoir trempé dans cette reddition, quoiqu'il n'y en eut pas un dans la fort, mais les fanatiques piémontais cn^ prirent occasion

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d'ourdir une S.t Barthclemi ou des Vêpres Siciliennes, qui devaient éclater dans la nuit du 14 au 15 mai. Ils ne purent cependant former cet exécrable complot sans que nous en f ussions instruits.

Je dois ici rendre hommage aux mânes du vénérable curé de Luzerne Don BriansOy qui fut un des premiers à nous en donner arvis, tant il y a que dans un sac dHvraye il peut encore s'y trouver de bons ffrains. Un nommé Oudet capitaine des Milices, riche particulier des environs de Cavour, se rendit aussi chez son ami Paul Vertu, en lui disant : je viens vous défendre jusqu'à la dernière goutte de mon sang. Vers le soir, la maison du curé qui est située à Ventrée du bourg, l'église, le couvent des recolets et quelques ^maisons catholiques étaient remplies de siccaires, déjà on touchait au -moment fatal, on avait envoyé 17 exprès au Général Godin (suisse), qui commandait dans la Vallée et qui avait son qiun tier général à Malpertus audessus de Bobi, mais il ne pouvait ajouter foi aux rapports qu'on lui faisait, il les taxait de visions. Tout ce qu'il y avait de Vaudols en état de porter les armes étaient sur les montagnes dans les compagnies de milice qu'on avait levées, il ne restait donc dans les maisons qtce les vieillards, les femmes, les enfans et les valétudi- naires. Il est vrai qu'il y aurait eic ens^iite un affreux massacre entre nos milices et celles de la plaine qui étaient nombreuses, mais cela n'au- rait pas rendu la vie aux premières victimes qui seraient tombées soîis leurs coups. Enfin des personnes .marquantes vont se jetter aux pieds du Général et le supplier de sauver la vallée en faisant descendre quel- ques compagnies des milices Vaudoises. Il y consent et se dispose lui- même à battre en retraite. Pour la couvrir d'un prétexte, il fait annon- ces à l'ordre qu'il est instruit que l'ennemi ayant reçu des renforts se 2Jro2X)sait de l'attaquer et qu'il juge à propos de se replier. Les compa- gnies de la plaine, qui étaient aussi sous ses ordres, en prennent une telle épouxxinte qu'elles jettent armes et bagages, poitr faire avec plus de légèreté'; les Vaudois seuls font une retraite en bon oi'dre. Il était déjà îiuit, il pleuvait à torrens quand on eiitend un grand bruit dans la rue de la Tour. Les habitans qui n'étaient point encore instruits de la détermination du Général Godin, ne doutent pas un manient que ce ne fut la troupe des siccaires qui allait commencer l'horrible scène. Mon estimable belle-sœur avec ses trois enfans était toute tremblante dans ma maison qu^elle avait barricadée de son mieux. Dans une aile de la maison était Madame Lasscwr avec ses enfans, pais il^ n'y avait j^as un homme pour Içs deffendrc. La curiosité féminine, bien excusable dans ce moment, porte^M.me AppiŒ à cntr'ouvrir une jalousie, pour s'assurer de la cause du bruit, quand tout à coup elle entend une voix qui lui crie: Bonsoir Cousine! C'était le capitaine Jean Pierre Arnaud à la

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tête de sa compagnie. Il ajoute: Ne craignez plus rien, nous sommes ici pour vous défendre. Je n'essayerai pas de dépeindre quel dut être Vétat de ma bien-aimée sœur dans ce moment, il peut se sentir mais iwn s'exprimer. Je tiens ces derniers détails d'elle même. Les siccaires instruits de l'événement prennent prudemment le parti de la retraite ; ceux du prcsbitère de l'église se sauvent par la porte du jardin qui donne vers le torrent Angrogne. On trouva la liste des conjurés, il y avait à leur tête les notaires Jean Simondi, François Marie Plochiu et l'arpenteur Jean Baptiste Roazenda ; il est juste que ces abominables noms passent avec exécration à la postérité. On remit cette liste au Duc d'Aoste actuellement régnant, mais pas un d'eux n'a été puni ni recherché. N'est-ce pas une preuve incontestable que la Cour apprcni' vait cet exécrable complot ? Mais le Roi Victor Amédée IV ayant fait des reproches au Général d'avoir abandonné son poste, ce qui avait permis aux Français de pousser jusqu'au Villar, il lui répondit : Sire, c'est le plus beau jour de ma vie. Il n'en fut pas moins disgracié et obligé de se retirer dans sa patrie, saiis récompense pour ses longs services. Nous bénissons sa .mémoire; il est mort à Nion, petite ville du Canton de Vaud,

XVII.

Lettera del Magrg-iore Goanta al Capitano Voila.

L'originale in Arch. Soc. S. V., Carte Voila.

A Monsieur Pierre Voile Capitaine des Milices à S.t Jean,

Monsieur,

Je viens d'aprendre en ce vurment par M.r Vertu l'ainé qu'une femme de la plaine ayant demandé à loger à la Cassine de la Ciapéra de M.r Jaq. Vertu, a tenu des discours qui nous font craindre des brigan une surprise cette nuit, ce qui .m'engage à vous prier de tenir vos gens éveillés et de poster quelques sentinelles sur les avenues afin de vous avertir s'ils découvient quelque chose de suspect.

En attendant M.r Gandin pour lui donner paît du danger que nous courons, je vous souhaite le bonsoir.

La Tour, ce 12 May 1794 a 11 h.res.

Votre déixnié GoANTE, Major,

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XVIII-XIX-XX. Complotto di strage contro i Valdesi.

Di questo complotto di strage abbiamo fatto ragione, nella nostra nar- razione storica. Riproduciamo qui alcuni documenti contemporanei, che vi si riferiscono.

Il Pastore, poi Moderatore, Pietro Beri, scrisse un Compendio di Storia Valdese, nel 1816, rimasto mss. in Arch. Soc. S. V., Carte Beii;. Ne stralciamo :

< Vannée 1794 a néanmoins failli être fatale aux liabitans 'Protestons de nos Valleés : des Vêpres Siciliennes ont été sur le point d'être renou- vellées sans qu'elles eussent d'autres motifs q^ie la haine de religion. De vertueux catholiques ont eux mêmes averti les Va^tdois et la mine éventée est demeurée sans aucun effet que la certitude trop démontrée d'une malice que rien ne peut guérir»,

* * *

Lo stesso autore, trattando della fedeltà dei Valdesi, risponde alle ten- denziose accuse loro rivolte da fanatici cattolici :

«...dans la dernière g^ierre occasionnée par la Réivlution de France, en 1792, les Vaudois ont encore fait preuve de leur inviolaible fidélité au Roi de Sardaigne ; et si quelques individus éblouis ou séduits par les prestiges de ce phantôme de liberté que les circonstances semblaient promettre se sont rangés du côté des Révolutionnaires, la population Vaudoise ne s'est point écartée de son devoir, et tandis qu'en plusieurs villes et communes du Piémont le Gouvernement Piémontais punissait de mort des rebelles et des têtes échauffées, nos Vallées sont restées daiis une entière tranquillité: témoin l'approbation lionorable qu'en notifia S. M. elle-'même à S. A. R. le Duc d'Aoste généralissime chargé de té- nwigncr aux Vaudois la satisfaction du Roi ».

* * *

Da foglio staccato di Memoriale anonimo, del 1314, in Ardi. Tavola Valdese, XLIV, 57, ripix)duciamo :

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...vont se jetter aux pieds du Général et le suplier d'envoyer de suite quelques Compagnies de Milices Vaudoises à La Tour pour sauver la Vallée. Le Général ne pouvxint plus douter de la vérité de la chose y consent et se dispose lui^ême à battre en retraite avec le reste de son armée. Les troupes arrivent à La Tour à Ventrée de la nuit, la pluie tombait par torrents ce qui sans doute arvait retardé le •massacre pro- jettê, les sicaires prennent immédiatement la fuite et on trouva à leur départ la liste des principaux conjurés que Von remit au Duc d'Aoste^ qui est actuellement Roi, mais pas un d'eux n*a été ni puni ni recher- ché. N'est-ce pas la une preu/ve que la Cour approuvait cet exécrable complot ? Le brave Général Godin fut disgracié, sans récompenses pour ses longs services. Il se retira à Nyon en Suisse oH il mourut ».

***

Dalla Notice sur Vétat actuel des Eglises Vaudoises du Piémont y>, del Coquerel, stampata a Ginevra, nel 1822, riportiamo la versione cor- rente fra i Valdesi, quasi contemporanei dei fatti :

H forte di Miraboiic è preso : « on s'empressa d'accuser les Vaudois d*avoir contribué à la reddition de ce poste, bien qu'il soit constant que pas un seul Vaudois ne s'est trouvé ni dans le "voisinage ni dans la place mJme... quelques ïummes fanatisés, saisissant l'instant de V exaspération des esprits, résolurent de détruire à jamais les villages de S.t Jean et de Latour. Ils conçurent le projet affreux de profiter de l'o^sence des troupes vaudoises qui s'étaient portées sur les montagnes afin de s'op- poser à l'invasion française, pour renouveler dans ces communes sans défense les horreurs d'une nouvelle S.t Barthélemi. Ce plan était arrêté pour la nuit du 15 .m.ot 1794. Le curé catholique de Lucerne, M. Brianza, fut révolté lorsqu'il appris les projets des assassine. Ce digne pasteur donna la première alarme dans les "villages vaudois. Le capitaine de la milice, Odetti, de la religion romaine, franc et loyal militaire, se présenta chez le vieux M. Paul Vei'tu et lui diti' «J'accours pour vous défendre jusqu'à la dernière goutte de Ttwn sang... ». Segue il racconto solito : 16 espressi mandati al Gaudin, che finalmente si nìjiiove coi suoi soldati e giunge « avant que les assassins, contrariés par un tem/ps effroyable et des torrens de pluie, aient pu comnwnccr leur expédition. Aussitôt qu'ils se virent découverts et cernés, ils prirent la fuite dans le plus grand désordre. On trouva une liste des conspirateurs qui fut envoyée au duc d'Aoste (roi actuellement régnant); mais on ne pour- suivit aucun des coupables. Le brave général Godin fut remercié, sans qu'on eût aucunement récompensé ses ïionorables services et il se retira

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à Nyon, il est mort disgracié, mais ayant fait son devoir, et empor- tant avec lui Vestirne de ses concitoyens, les regrets et Vadmiration des Vaudois ».

XXI.

Relazione di un Vicario foraneo al Vescovo di Pinerolo.

Dobbiamo alla squisita bontà del prof. Arturo Segre, troppo presto tolto agli studi storici in cui erasi dimostrato -valentissimo, la pubbli- cazione di questo documento. Egli lo scovò nell'Archivio di Stato di Torino («Arcivescovi e impiagati ecclesiastici», cartone N. 3), lo trascrisse e ce lo favorì, perchè figurasse nel nostro studio. E' opera di parte, scritta a confutazione dell'opuscolo del Coquerel, edito a Ginevra nel 1822. Parziale l'opuscolo, perchè ripete il racconto trqppo leggendario, di parte valdese ; parzialissima la confutazione, che rifrigge le antiche e oramai viete accuse, di parte cattolica. Relazione dei fatti del 1794, a distanza di quasi trent'anni, a scopo polemico e partigiano. Riman- diamo i lettori aUa nostra precedente esposizione storica ; dov'è dimo- strata la falsità deUe ripetute aoouse di tradimento e la infondatezza della ripristinata leggenda del complotto.

Giuseppe Falco, prevosto di S. Secondo e vicario foraneo, al vescovo di Pinerolo, Francesco Maria,

Confutacione in parte D'un opuscolo uscito da Genevi'a.

Leggendo il sottoscritto già vicario di Luserna, poscia Parroco della Torre et al presente attuale prevosto della Parrocchiale di S. Secondo una parte d'un indegno e menzognero opuscolo uscito da Genevra e facendosi un sacro dovere di confutarlo e d'esporre la lealtà del fatto genuino accaduto nell'epoca in cui fu presa o per meglio dire data la fortezza di Mirabocco, divide la confutazione in articoli seguenti di quanto trovasi in esso stampato.

Artic. lo. Sul principio di maggio 1794, essendosi resi i Francesi pa- droni del forte di Mirabocco situato all'estremità della Valle di Luserna non lungi dai confini di Francia, i Valdesi furono accusati di averli aiutati a pigliarne possesso, quantunque non si fosse trovato alcuno d'essi nel forte.

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Si risponde che se i Valdesi furono accusati d'aver aiutati i Francesi a prender il forte di Mirabocco fu con ragione : iw perchè se i Francesi elessero di discendere dalla Francia per venire in Piemonte ad impa- dronirsi con piccolo nerbo di truppe del suddetto F\)rte, che antica- mente, come si dice, venne difeso da una Donna dall'essere preso dai Francesi, fu perchè seppero che i Valdesi li desideravano e li avrebbero aiutati : perchè, essendovi per Governatore di quel Forte un certo Mesmer, anche protestante della Svizzera, se pria non era inteso, almeno credevano che l'avrebbe per trattato ceduto, come realmente fece nel mattino delti 9 Maggio 1794, senza esservi stato valoroso attacco, ma al solo comparire de' Francesi in piccolo numero ed alle sole loro minaccie lo cedette: mottivo per cui il prelodato s.r Governatore Mesmer venne dal Governo condannato a morte militarmente eseguita. perchè i Francesi furono condotti da un Valdese del Villar di Bobbio allora sar- gente nel Reggimento di Pinerolo, del quale il sottoscritto s-i ramimenta, come se fosse oggi, d'avere in tempo ch'era Vicario in Luserna e nel mentre che di sera si scaldava col s.r Avr.o Danesi, allora Giudice di Luserna, et altre persone, udito questi due fatti raccontati con gloria dal prefato Sargente Valdese, di cui il j^rimo si è cìi'cgli dal Prato di Mirabocco condusse per un sentiero una porzione di Francesi al di sotto del Forie di Mirabocco, affinchè bloccato dalla parte del Piemonte fosse sicura la resa di detta piazza e si millantava d'averla fatta pren- dere con poco numero di Francesi: il secondo si è ch'egli, come sar- gente, si gloriava che trovandosi in Fenestrelle a custodire con altri quelle impenetrabili fortezze si erano inteso collo stesso Comandante de' Francesi, che stavano al sopra del forte Mattino, della sera del giorno e dell'ora fissa in cui egli loro avrebbe aperte le porte dell'in- tiera Fortezza di S. Carlo, che a tal fine avea con destrezza j)rese le chiavi e con esse aperte le porte di detto forie ed andato egli medesimo all'incontro de' Nemici jìer consegnar ad essi la piena padronanza della Fortezza e tutto irato diceva, che i Francesi non vennero e gli fu fal- lito il colpo: basta il dire, che faceva orrore e spavento il sentirne il vero e perfido tradimento che macchitiava il prefato Sargente Valdese. 4" perchè tanto è vero, che i Valdesi della Valle Luserna sospiravano ed attendevano la discesa de' Francesi, che alla loro venuta nessuno d'essi si scomosse e s'impaurì ; chè anzi il sottoscritto positixKimente si ricorda (perchè notato per iscritto) d'aver parimenti nella sera delli 14 Maggio 1794 e nel mentre che stava a cerni col s.r Teologo Brianza, priore di Luserna, col s.r Ai^'. Danesi Giudice di Luserna e 'l S.r An- gelo Torozano, udito dalla Molinola degli Airali di Luserna interrogata dal medesimo s.r Giudice, che il s.r Pcjrotto iZ'OllancUi, iHildcae, così

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chiamato per differenziarlo dalli s.ri altri Peyrotti valdesi, uomo astuto e potente in dioica d'essa Valle mandò la sua serva a farle premura di macinare nella sera delti 9 maggio 1794 emine 45 grano per farne pane im^mantinenti per i Francesi, die aspettava nel saldato li 10 maggio 1794, ancorché non siano venuti, perchè erano pochi.

Perchè i Valdesi da Pinerolo provvisti di pólvere, palle ed armi da fuoco, e non i Cattolici, proteggendo i Francesi fecero fuoco, quando si trovavano accantonati nelle vigne di S. Giovanni Valle Lmserna, sul' Varm^ita austriaca, allorché in due colonne passò per quél territorio; e da tutto ciò si lascia dedurre, che i Valdesi erano politati per la causa del Re, di Sardegna, ovvero per i Francesi.

Articolo 20. « Tuttavia i Fanatici Piemontesi sul rapporto di queste cose presero occasione di tramare una seconda strage di S. Bartolomeo per vendicarsi d'essi ed il progetto n'era già fatto e doveva essere mandato in esecuzione nei contorni di S. Giovanni, La Torre e Villar la notte del 14 al 15 maggio 1794 nel tempo appunto, in cui sapevano che tutti i Valdesi capaci di portare le armi trovavansi nelle montagne per im- pedirne l'ingresso alle truppe francesi, era loro intenzione di trucidare vecchi e donne e fanciulli, quanti erano rimasti ne' villaggi ^ e di dare il sacco alle loro case ».

Si risponde : V> Che il termine di Fanatici Piemontesi, di cuÀ si serve l'autore dell'opuscolo, dimostra che in quell'epoca i Valdesi non si ripn- tarvano più tra il novero di Piemontesi e die non erano Fanatici in so- stenere a fronte de' Francesi il Re di Sardegna, come lo erano i veri cattolici Piemontesi, riputati perciò Fanatici, come dall'antecedente ri- sposta appare. 2P Che questa è una vera calunnia sognata, inventata e studiata a bella posta per screditare con libello famoso i Cattolici, farli passare per inumani, barbari, e crudeli neW accennato calunniante rac- conto e dimostra quanto la libertà della stampa colla mala fede sia ca- pace d'imprimere ne' leggitori di nero, fallace, ingiìisto e calunnioso, Falsissimo poi che tutti i sudetti Valdesi capaci a portare le armi siensi portati sulle inontagne, lasciando nelle loro case i soli vecchi, e donne e fanciidli, mentre che da per tutto nei loro paesi si vedevano Valdesi d'ogni età e condizione. Falsissimo die quelli i quali eransi poe - tati nelle montagne fossero intenzionati ad impedirne l'ingresso ai Fran- cesi e a tale disinganno si prega rileggere la risposta data all'articolo primo. Nera per conseguenza la calunniosissima su/pposizione della ideata sognata strage ed impossibile l'esecuzione, poiché nella sera del 14 al 15 già eravi nel luogo della Torre, come il sottoscritto ivi il vidde, un gran nerbo di trujrpe di linea che VIlLnm S.ra Marchesa d'Angro- gna, come consignore di detta Valle, e dama di corte ottenne da S. M.

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per la liberazione e tranquillità di quella vaile, come ajypunto ax^^enne ; onde, salvochè V autor e delV opuscolo voglia con suo maligno scritto stam- pato tacciare di crudeli Masnadieri quella truppa in essa valle spedita, almeno s'asserisce, ch'egli fu malamente impresso e a suo disinganno francamente si sostiene che questa è una mera impostura ed una nera studiata ed inventata calunnia per spreggiare i Cattolici.

Art. 30. « R Venerando Parroco di Luserna D. Brianza (sia detto a sua gloria) fu il primo a far palese questa trama vile ed esecranda ed un tale Odetti capitano delle Milizie, cattolico e uomo ricco dei dintorni di Cavour, essendo di ciò informato, venne alla casa del vecchio Gioanni VirtH dicendogli « Sono venuto a difenderà sino all'ultima goccia di sangue ».

Si risponde essere questo un mero ideato racconto ed un vero abuso di accreditati personaggi. Quanto al vcTierando parroco di Luserna, il s.r teologo D. Claudio Brianza, il sottoscritto che allora era suo molto confidente Vicario, lia l'onore d'accertare, che se il Brianza per sue vastissime cognizioni, prudenza e pietà era venerando presso tutti i ceti di persona ed anco appo li stessi Valdesi, era altresì divotissimo verso il Re di Sardegna, non poteva far palese la sognata trama della seconda strage di S. Bartolomeo, perchè giammai esistette ; e quanto all'Odetti, capitano delle milizie, trovandosi ancora al presente tra i viventi, sicu- ramente si riderà della sognata supposta strage e saprà dire, che il VirtH della Torre non si chiamava Gioanni, ma Paolo, uomo noto a tutta la Valle e spiegare meglio quello che l'autore dell'opuscolo così falsa- ììiente stampò.

Art. 40. « Il 14 Maggio 1794 verso la sera la casa del Parroco della Torre, il Convento dei Francescani ed alcune case cattoliche erano piene d'as- sassini, il cui numero ascendeva ai ottocento».

Si risponde essere verissima, che la casa del Parroco della Torre, il convento e la chiesa stessa dei Minori rifornvati di S. Francesco con molte altre case cattoliche non solo, ma eziandio Protestanti erano piene di Truppe spedite da S. M., come sopra fu detto, per tranquillare e sal- vare quella valle'; come s'avverò, ed ecco il bell'onore, che fa l'autore dell'opuscolo trattando quelle truppe regolari, quali le vidde il sotto- scritto, come tanti assassini, che reca orrore il leggerlo.

Art. 5°. « Il momento fatale era vicino. In vano si erano mandati ben diciasette avvisi al Generale Svizzero Godin, il quale comandava nella valle, il cui quartiere era lontano tre leghe dalla Torre per informarlo che non era tempo da perdere. Il Generale non poteva prestar fede ad un racconto così orribile e che gli sembrava cotanto improbabile. Final-

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mente persone ragghiar devoli si recarono da lui e {gettandosi a suoi piedi lo pregavano di mandare alcune Compagnie di milizie Valdesi per sal- vare le loro famiglie dallo sterminio».

Si risponde essere questa una chimera supposizione ed una vera ma- lizia dell'autore dell'opuscolo calunniante i Cattolici, Non vi fu mai per i Valdesi alcun momento fatale, eccettochè sodato, fantastico ed ideale. Il Generale Godin n'avea ben ragione di non prestare fede ai diciasette supposti avvisi e di credere improbabile il loro ideato rac- conto, di cui mai fm*vi minaccia alcuna. è falsissimo cìie persone rag- guardevoli siensi per tale sognato sterminio poste a suoi piedi per im- plorarne la liberazione ; onde da tutto ciò ben si vede quanto sia stato ingannato, ovvero quanto s'abusi l'autore dell'opuscolo d'un falso rac- conto, di cui per avverarsi verrebbe pregato a portarsi in detta, valle per esserne disingannato da persone saggie, veridiche ed imparziali.

Art. 6, «Non potendo ulteriormente dubitare della cosa, il Generale pensò essere più saggio partito il recarsi egli stesso a diffenderli. Giunse egli alla Torre al principio della notte. Per fortuna la pioggia, che cadeva a torrenti, costrinse que' sciagurati a ritardare l'esecuzione del loro sanguinario progetto e diè tempo alle truppe di giungere. Gli assassini fuggirono allora nella maggior costernazione per mezzo del giardino del Parroco, favoriti dall'oscurità della notte : tuttavia si trovò nella chiesa una nota dei principali cospiratori, che fu consegnata al Duca d'Aosta, Re presentaneo, ma niuiw d'essi non che fosse punito, non fu nemmeno sottoposto a giudizio ».

Si risponde essere questa una continua lunga e menzognera serie, se non di studiata maligna derisione contro i Cattolici, almeno un'affet- tata totale ignoranza dell'epoca de' fatti per rappoHo all'autore del- l'opuscolo calunniante e derisorio. perchè, se questi si fosse trovato presente, come il sottoscritto fuwi, e tantissimi altri, in tede circostanza avrebbe congetturato che il Generale Godin area eletto di discendere, come discese, non già per l'ideata supposizione del sud.<» sterminio, di cui mai fuwi cnnbra, ma forse per lasciarne libero campo ai Francesi 2)er discendere e consolarne i Valdesi. ^jcrc/iè avrebbe ossei-vato, che li fuggiaschi assassini, in quell'occasione, erano non già i Valdesi che gioivano, ma i Cattolici, i quali, vcggendo a jMrtirsene le trupjìe e pas- sare per Torre, S. Giovanni, Brichcrasio e S. Secondo sino a Vinerolo, impauriti dalla discesa libera de' Francesi che minacciavano desola- zione e sterminio in quei tempi, presero la fugga in quella notte j)cr scansarsi dal pericolo, od almeno per essere più tranq^iiUi, e questa 0 la vera e genuina esposizione del fatto allora accaduto, altrimenti si dovrebbe dire, che l'accennata narrazione sarebbe una yera derisione

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contro i buoni Cattolici, Cernie v.na franca e reale inxenrionc la nota de' Principali Cospiratori ritrovata nella Chiesa parrocchiale della Toi re, di cui sendo stato il sottoscritto il Reggente, mai ebbe cognizione e perciò non potè in verun modo essere stata consegnata al Duca d'Aosta, Re presentaneo, ignorando persiTio Vautore, che il Duca d'Aosta non è piU Re presentaneo. Onde questa è una calunniosa invenzione fatta in beffe e scoiano de' Cattolici, che però nissuno sicuramente fu e poteva essere sottoposto a giudizio c pena d'una supposta cospirazione di sopra nar- rata e d'altronde Vautore dell'opuscolo verrebbe a trattare il Governo d'ingiustizia od almeno d'un intollerabile indulgenza per non aver pu- nito li stessi sognati assassini.

Art. ultimo. « Il Bravo Generale Godin^ che salvò la vita e le sostanze a quella innocente popolazione, cadde poco dopo in disgrazia della Corte per qiœst'atto d'umanità senza ricevere alcuna riconipensa per suoi passati servizi. Ritiratosi a Nyon nella Svizzera non molto dopo morì.

Si risponde che il Generale Godin fu l^ravo, è vero, verso i Valdesi, non già per l'ideata liberazione d'una trama che mai esistè in tale epoca, mai fuwi contro i Valdesi, ma bravo per averli sempre favoriti e protetti, e, se cadde in disgrazia della Corte, crcdesi che fu per i suoi demeriti e cattivo servizio, e di fatto è notorio a tutti : che il Gener. Godin protestante, mandato dal Governo per comandare le milizie e truppe inviate nella Valle di Luserna per impedire l'ingresso de' Fran- cesi, quando egli si trovò in Bobbio, invece di spedire qua e le milizie a custodire i monti e le venute, facendo il neghittoso, fu preso di cospi- razione in favore de' Francesi, a segno tale, che un certo Carlo Ginero di Luserna, già pria caporale in Reggimento d'ordinanza glielo disse sulla faccia ed il Generale non ne fece caso, e restarono stupiti quelli che l'udissero. la discesa, che fece in quella notte di sopra accennata sino a Pinerolo lasciando ai Francesi libera la facoltà d'impadronirsi di tutta la valle mista, ben dinotava, o che era del partito dei Francesif o che almeno era un Generale troppo jmuroso, ecc. quando giunsero le tredici granadierc col Reggimento dei Dragoni del Re nella Torre di Luserna, di cui tutto il mondo ne fu spettatore, invece di far subito suonare la Generale per la partenza verso il Villaro Bobbio, come desi- deravano quelle truppe regolari d'ordinanza; si tardò sino a tanto, die fossero awei'iiti i Francesi ed avessero tempo a trincerarsi per loro difesa e per fare delle truppe un macello, e per ciò ben tardi dopo pranzo e a passo lento il prefato Generale le condusse sotto il Villaro con due cannoni, dove ebbero a soffrire un graie discapito per non aversi saputo ncmeno farvi precedere una vanguardia per esplorare dove si trovasse il nemico, e cìie egli il sapeia benissimo, e dei feriti

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si dàvette formare uno spedale nella Torre e un altro in Luserna, in c^ii il sottoscritto somministrò ai feriti i santi sacramenti e dei morti fece le esequie, che però si lascia a decidere, se per questi ed altri cattivi servizi sia con ragione cadutó in disgrazia della Corte il Generale Godin ritiratosi e morto in Nyon ; onde Vautore dell'opuscolo pare persino, die d'ingiustizia attacchi il Reale Governo pel fatto del sud'> Generale.

Chiunque in fine sia Vautore dell'opuscolo sinora riferito si compiaccia d'indirizzarsi a personaggi meglio informati, e si vedrà alla confusione in aver tinta la sua penna che scrvvelva ed in far imprimere tante fal- sità d'epoche e di fatti smentiti persino dalla gente la piU idiota, ma di buona fede fornita.

S. Secondo li 20 Marzo 1822.

Giuseppe Falco Prevosto di S. Secondo e Vicario Foraneo.

XXII.

Billet du Roi à S. A. R. Mgr. le Duc d'Aoste.

Copia in Arch. Soc. S. V.

Mon très cher fils, Nous avons lu le mémoire que le Général de Zimmermann nous a remis de votre part, concernant les désirs que nos chers et fidèles sujets les Vaudois vous ont fait témoigner, relativement à leur éxistance poli- tique oMuelle.

D'après les preuves constantes et distinguées qu'ils ont données de tout tems à nos Royaux prédécesseurs, de leur attachement et de leur fidélité, les sentimens qu'ils viennent de vous manifester, dans la cir- constance de cette guerre, de concourir avec toiit le zèle possible à l'ar- mement ordonné pour repousser nos ennemis. Nous ont d'abord disposé à accueillir favorablement le contenu dans le dit mémoire et à leur faire ressentir dès à présent les effets de notre bienveillance spéciale ; Nous réservant, quant à quelques uns des articles, <^i exigent maintenant de plus amples éclair cissemens, de leur accorder après la guerre telles concessions qui, étant compatibles avec la constitution de l'Etat, pour- ront les assurer toujours plus du cas que nous faisons de leurs services et de Vintérôt que nous prenons à leur éxistance et à leur bonheur. En attendant nous avons déterminé :

1" Qu'il sera permis d'orénavant à nos sujets les Vaiidois, d'exercer

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la Médecine en faveur de leurs confrères, moyennant qu'ils y soient admis, ensuite de Vexamen cpii sera prescrit à cet effet.

21 Novs avons donné nos ordres au Général de nos finances pour qu'il fasse cesser tous incœivéniens et abus qui auraient pu se glisser dans le choix des conseillers, et jxnir Vexciusioii de ceux qui ne peuvent être élus, à la forme de nos réylemens, dans les conseils de ccmimunautés.

30 Nous renouvelions nos ordres pour empéciier tout enlèvement des enfans, dans la vue de leur faire embrasser la Religion Catiwlicfue Ro- maine et pour que Von rende d'aboid aux parens les enfans, si le cas arrivait de semblables événemens.

iQiuint à ceux qui, à Vûye établi, entreront d'eux mêmes et volontai- rement dans l'hospice de Pignerol, c'est alors aux juges ecclésiastiques de s'assurer de leur vocation. Toutefois on ne fera pas difficulté de permettre aux parens de voir leurs enfans, moyennant les précaution^ nécessaires.

4" Si, d'après les renseignemcns c/ue nous faisons prendre, il vient à résulter qu'on ait fait porter aux Religionnaires quelque chose dont on aurait accordé l'exemption à un Catiwlique, et dont rums ne pouvons nous persuader, Nous y ferons pourvoir sans délai, ainsi que la jus- tice éxige.

Vous voudrez bien annoncer à nos chers et fidèles sujets Vaudois nos déterminations et nos sentinieiis ci-dessus exprimés, en leur faisant sentir qu'autant cjue nous sommes persuadés qu'ils en seront plus animés à déployer dans cette occasion tout leur zèle, leur courage et leur bravoure contre nos ennemis, ils doiveitt aussi toujours compter avec confiance sur notre empressement à leur donner à la fin de la guerre des marques les plus particulières de notre protection spéciale. Et sur ce Nous prions Dieu qu'il vous ait en sa sainte et digne garde.

Turin le i.e Juin 1794.

Votre très affectionné Père V. AmE.

XXIII.

Copie de la lettre de Monseigneur le Duc d'Aoste à Monseigneur le Général Comte de Zimmermann.

Copia in «Archi^do Tavola Valdese», IV, 23.-

Ayant jpiû à S. M. mon très hoiwré Seigneur et Père d'agréer le mé- moire que j'ai eu l'honneur de lui faire présenter par votre canal con- cernant les désirs c^ue ses bons et fidèles sujets les Vaudois m'ont fait témoigner par vous touchant leur existance 2^olitique ; Sa Majesté (vûs les services signalés -que lui ont constamment rendus par le passé les Vaudois et assuré du zèle avec lequel ils vont renoux^Ver tous leurs ef-

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forts, d'autant plus nécessaires, maintenant qu'ils ont pour but de ré' sister et repo^tsser un ennemi destriwteur de tout ordre et propriétés, et dont les vues ne tendent qu*à piller et ruiner les Pays qui ont le malheur d'en être envaJiis, cœnme on le voit toujours plus par les der- niers décrets de la Convention Nationale qui livrent les jxiïs pris sur Vennemi au pillage de leurs Troupes) veut tien marquer son contente- ment, et la bienveillance quHl a pcntr ses bons et fidèles sujets les Vau- dois, leur accordant dès maintenant plusieurs avantages, en leur faisant et laissant espérer à la paix la continuation de ses bontés et bienveil- lance pour eux.

C'est avec une vrayc satisfaction que. je vous envoie ci- joint copie de la lettre niéme, qu'il a plû à Sa Majesté mon très honoré Seigneur et Père de m'adresser afin que ses chers et fidèles sujets les Vaudms puissent mieux voir l'étendue des bontés qu'elle a bien voulu avoir pour eiLx.

Cest avec bien du plaisir. Monsieur le Général, que je saisis cette occasion pour vous témoigner l'estime que j'ai pour votre personne. De mon Çuart.r Général de Pigncrol ce Ç>.e Juin 1794. signé: Victor Emanuel.

xxrv.

Ordine del Marchese di Angrrogna al Capitano Volla.

L'originale in Arch. Soc. S. V., Carte Volla.

A Monsieur le Capitaine Volla en Détachement

a Costa Longa. La Parolle et mot de Campagne pour tout le 24 Juillet 1794

22 S.t Venance et Vienne Le Vésuve.

23 S.t Pierre et Portmouth La Pologne.

24 S.t Romain et Rome La Russie.

D'ordre de M.r le Général demain matin bien de bonnheur vous par- tirez avec un Lieut.t et Sous Lieut.t et 60 soldats, avec 9 tantes et celle de coton pour les Offieiers et vous irez à Fioriera^ mi j'yrais moi même de bon matin. Je vous prie d'y faire aussi porter Tmd Tante et faire at- tention qu'on la démonte sans gâter les colonnes surtout. J'y ai déjà fait porter de la Paille aujourd'hui et vous attendrés que j'y sv4s pour faire planter les Tantes. Je vous prie d'être persuadé de mon sincere attachement.

De la Bussonà, le 22 Juillet 1794.

Votre très H. et O. Serv.r d'Angrogne.

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XXV-XXVI-XXVII-XXVIII-XXIX.

Ordini Militari al Capitano Pietro Volla,

Gli originali di questi ordini militari sono in Arch. Soc. S. V., Carte Volla.

A Monsieur le Capitaine Volla au Quiot,

Ensuite de Vordre de M.r le Général que vous trouverez ci-joint voìis partirez avec Votre Compagnie le 2. 7. óre pour Votre Destination et assez de bonne heure, pour que la Covip.e Charbonnier ait le tems de venir le même jour à votre Poste.

Je ^iis avec le plus sincère attacJiemcnt

Lusernc, ce 30 Août 1795.

V. Serv.r

LUSERNE d'AnGROGNE.

A Monsieur le Cap.ne Volla

Commandant au Laiis du Col Barant.

Monsieur, Le Général vous ordonne de faire en sorte de retirer dans les barracons qui se trouvent dans votre département de tout le Col Ba- rant autant de soldat qui sera possible de la Canipagnic Griglio, ordon- nant à toutes les Compagnies Vaudoises de se resserrer le plus qu'il sera possible, attendu le très mauvais tems et la forte jûujc. S'il restera encore quelques soldats à loger, il faudra que M.r le Cap.ne Griglio fasse doubler et même tripler les tantes une sur Vautre et de cette fasson le soldat pourra être garanti du déluge d'eau qui tombe.

Bobbi 2 l.bre 1795.

lÎAYNARDI DE BELVEDERE.

* * *

A Monsieur Volla Cap.ne Command.t à Colbaran De Poste en Poste.

Monsieur, Le Général me écrit de iws fere- avertir danvoicr un piquet fort de 6 hommes du coté du Pra c tonsjour de 2;/?/s cirillc ù un brave Cap.ne jeusca novelle ordre et que dans ce cas ivus wus rcglie

comme vous à Vefet e que vous fasic fere le ponde comme je vous ai dit de votre conte un officier...

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Povero maggiore Musset, scrive come un illetterato. Impossibile di riprodurre questa lettera. Sono varie disposizioni di picchetti, di senti- nelle, ecc. «Le Général se recommande à "vous-». Aveva più fiducia in quel capitano che negli altri due del Oolbarand, Turin e Arnaud.

Du Brunei, ce 6.e l.bre 1795.

* * *

A Monsieur Volle Cap.ne ou à son abessance à Monsieur le Capit.ne Canton au Laos de Colharant,

Mons.r,

Notre Command.t le Marquis Luzerne d^Angrogne 'me charge de vous écrire que S. M. satisfait des services des Vaudois Leurs à acourdés le Cartier d'hiver comme lannêe passé et en vous saluant tous e priant de pas manquer d'anvoier un solda pourter selle du Capit.ne Buffa a la Rousse»

Suis de tous

Messieurs Votre serviteur

M,rssET Major.

Brunei le 9.e 8.bre 1795.

***

A M.r le Cap.ne Voila.

Ordre.

Monsieur le général nie charge de xxms ordonner d'aller avec votre Compagnie relever la Compagnie Charbonnier, au Laus du Col Barant, Vous laisserez cependant pour le jour du départ la garde nécessaire au Quiot, jusqu'à ce que la Compagnie Charbonnier soit de retour, et votre départ vous sera fixé par M.r le Marquis d'Angrogne votre Commandant.

Bobbi, 29 Aoust 1795.

Raynardi Belvedere l.er M. gén.l.

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XXX.

Lettera del Capitano Volla al Generale Gaudin.

Dalla minuta non firmata, ma di puigno del Capitano Volla, in Arch. Soc. S. V., Carte VoUa.

Mon Générait

Suivant notre accord hier au soir en montant du Prà ici, je suis passé visiter le petit Baracon que nous avions de loin parmi les Brouil- lards. C*est une hute oH il y axnit un piquet l'année passée qu'il y peut rester six iwmvies : j'ai trouvé plusieurs autres postes oH il y avait de petites Gardes; il me semble que ce poste nous serait cowvenable pour y poster une Compagnie, mais les Brouillards me couvrait le vue ; mais comme il y a un sentier qui depuis le Prà vient ici au Laus s^tr le gazon l'Ennemi pourait venir de nuit ou en tems des Brouillards sans être ny vu ny entendu d'aucune garde. Il est de toute im/portance d'y ,m^tre une garde; et si mon Général trouve a propos d'y mètre une Compagnie, ils pouront alors garder bien de petits passages, ils seront près du bois et de l'eau, mais ils sont obligé de camper, car il y a aucun Baracon, sauf qu'on ne fasse des huttes ; si en cas qu'une Compagnie vienne occuper ces postes twus aurions bons plaisir que ce fut la Compagine de Bagnol, si mon Général le trouve à propos. En attendant j'ai l'honneur d'être avec la plus parfaite soumission

Monsieur.

Du Laus du Col Barant, le 19.e l.bre 1795.

XXXI.

Lettera del Capitano Voila al Comandante Vivalda.

Dalla minuta non firmata, ma di pugno del Capitano Volla, in Arch. Soc. S. V., Carte VoUa.

A Mons.r le Comte Vivalda Command. an Camp du

Gias Damont.

Monsieur,

Nos ìnilices soufrent beaucoup ici à cause de ce froid et de ce viau- tais tems sur (tout) ceux qui sont dans les tentes et mawvaiscs Bara- qiœs. C'est à présent qu'ils auroicnt besoin d'un peux de Brande-vin si mon Commandant veut bien avoir la complaisance de nous en faire

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donner, comme nous avons été toute la ccmpagiw aux postes avancés, c'est à dire la ComjDagnie Turin et la mienne. Si mon Commandant veut avoir la bonté (en écr-ivant à Mons.r le Général de procurer que quand nos Compagnies dessendrons dHci qu'on nous envoyé en cantonnement à Bobbi en récompense de ce que nmis souffroiis ici sans être relevé, en attendant un bon récolte de neige, vous obligerez celui qui a l'hon- neur d'être avec le 2Jiifs parfait attachement et une entière soumission.

Du Laus du Col Barant, ce 23.e 8.bre 1795.

XXXII.

Lettera del Capitano Voila al Marchese di Àngrrogrna.

A Monsieur le Marquis d'Angrogne Commaml.t les Milices Vaudoises à Bobi.

Mons.r.

Comme nous sommes à la fin de la campagne et que d'un jour à l'autre il peut néger beaucoup ici. Messieurs les capitaines Arnaud et Turin qui sont aussi ici avec leurs Comp.es m'ont chargé de vmis écrire en vous priant de nous faire relever au premier du mois prochain par des détachements pris sur plusieurs compagnies, car comme c'est déjà deux mois que nous sommes ici, et dans la plus mauvaise saisoji, nos milices demandent tous d'être relevé; si vmis axés la complaisance de m' accorder ma demande, je vous prie, s. v. p. de procurer que la Ccrmp.e Turin et la mienne qu'en partant d'ici nous allions en droiture en cantonnement à Bobbi, je leur ferai donner la paille nécessaire ? de nous four- niroiis nos contingents imir les Détachements, Car nous avons été toute la campagne aux Postes avancés.

Vendredi je vous enverrai le Rolle de ma Comp.e avec les annotations de cciix qui veulent 2^f'S profiter du quartier d'hivei\ En attendant la continuation de vos bienfaits envers nous, j'ai l'honneur d'être aiec la 2)lus 2)(fi'f(iif(^ soumission.

Du Laus de Col Barant, le 28 S.bre 1795.

b9

XXXIII.

Ruolo di una Compagnia Valdese, nel 1795.

In Arch. Soc. S. V., Carte Volla. Documento interessante per i nomi di guerra che solevano darsi ai militi.

Rolle de la Compagnie Volle l.re de Saint Jean.

Xom de guerre La Patrie

Grades Capitaine Lieutenant

Sous-Lieutenant La Fortune ( Devigne

Sergents

Caporaux

Tembour Soldats

(Vivandier)

La Bonté BeWhumeur La terreur Fleur d'anwur Vive Vamour Bon tailleur Bon cœur Bienvenu La Generale La Gelofrode La To^ir Lunardera Blondin Bertot Prêtaboire Lassurance Beau séjour La verdure Gos

La victoire Fleur de Lis La volonté La violette Gaydo Sans Gêne Vive la Joye Belle fleur

Xom de famiUe Voile Pierre Gay Jean Etienne Revel Jean Etienne Barai Jean de Davnd Gay François fu François Gay Jean de Jean Pierre Gonin Jean de Jean Sibillie Jean fu Jaques Turin Barthelemi fu Bart.mi Bcnech Barthelemi fu Bart.mi Rivoire Paul fu Etienne Garnier Constans de Gorge Favout Paul fu Michel F radie Jean de Jean François Gella Jean Pierre fu François Gos Daniel de Jean Malan Jean de Jean Malan Guillaume de Jean Revel Michel fu Michel Parise Daniel de Jean Parise Joseph de Daniel Ferier (?) Daniel fu. Barlumi Gos Elisée de Paul Gaydo David fu Jean Andrea Buffa Dominique de Pierre Prjiyjt Michel de Miehel Albarin Jean de Barthelemi Gaydo Barthelemi de Jean Malauot Daniel fu Citarle Malan Jean de Sidrac Bouer Etienne de Jean

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Grades (Armurier)

Nom de guerre

Jolis bois

La douceur

Joyeux Aviour

Piévwnd

UEspérance

Printems

L'Allégresse

Belle Roze La Chaleur La Granade La fleiir Uhardiesse Bonne guerre (?) S,t Jean Sans chagrin Volontier Bienaiviê

Nom de famille Danna Menfré

Bellion Barthelemi de Bart.mi Bianqui Tanias fu Tomas Justet Jean Michel de Vincent Parander Lorans de Lorans Revel Jean fu Daniel de la Ponsa Malan Jaque de Jaque Parander Inibert de Jean Marauda Jean de Barthelemi Berlin Passet Jean de BarUmi Bonnet Jean de Jean Danna Daniel fu David Marauda Paul fu Jean Monet Daniel Granier Lorans d'Antoine Gilli Jean Michel de Nicola Bastie Jean fu Jean Bastie Barthelemi de Pierre Gella Barthelemi de Bart.mi.

Agrégé à la Compagnie.

Caporaìia;

Capitaine-Lieutenant Sergent Jolis cœur,

(Résolu Prancœur Soldats La Ramée

La Jeunesse Divertissant Bric

Malcontent Fleur d'épine La Liberté Rora

Grand fumeur La bellcsse Le Courage Le Nwgeret La Roze

Canton Philippe Rivoire Barthelemi de Bart.mi Pavarin Barthcle^ni fu Lonis Morel Joseph de Daniel Rivoire Barthelemi de Barlumi Rivoire Louis de Bart.mi Tourn Antoine de Jean Tourn Antoine de Jean du Bric Rivoire Louis de Louis Rivoire Michel de Daniel Morliu Jean de Michel Rcjmont Joseph de Jaques Tourn Louis de Mathieu Rivoire Barthelemi de Jaque Durand Barthelemi de Jean Pavarin Barthelemi de Bart.mi Morii a Jean d'Antoine

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Grades

Nom de guerre

Nom de famille

La tandresse

La fleurette

Morel

La vigueur

Tourn Bartlieleini fu Bart.mi Pavarin Jean Daniel de Paul Morel Jaque fu Michel Morlia Louis de Louis.

XXXIV-XXXV.

Lettere del Curato C. E. MUlderr de Melsene al pastore Pietro Bert.

In Arch. Tavv VaW-, I, 93, 95. Sono lettere notevolissime del misterioso trappista, che tanta influenza esercitò spesso sull'animo del Re Sardo, al pastore valdese di La Torre.

Je saisis avec empressement et consolation l'occasion de m'entretenir un rnanient avec L'aimable M.r Giayrnet le respectable Pasteur des braves gens dont fai été bien charmé de faire la connaissance. Soyez persuadé Monsieur que c'est de l'abondance de mon cœur que je vous parle : J'ai été enchanté de votre façon de penser de l'éducation que vous donnez aux Vôtres, de l'iionneteté, des mœurs, et s^trtout de la bonté du cœur qui les distinguent, croyez que j'employerai tout le petit crédit qiie j'ai pour vous témoigner ma sincère estime et vous donner des preuves du vif intérêt que je prendrai toujours à votre bien-être et votre tran- quillité. Je n'ai point négligé de faire la fidèle relation de ce que j'ai eu la consolation de voir et d'observer par moi-vié-nve, et par conséquent de faire connaître la malice de ceux qui ne cherchent qu'à inspirer de la méfiance et à semer la discorde, vrais et dangereux cnneviis de la Société et par conséquent de l'Etat ; Je ne doute aucunement que le Souverain bien in for nié ne soit tranquille se rajjpelant et se reposant sur l'attachement que vos ancêtres ont toujours témoigné à la famille Royale, et Assurez vous de nncvic qu^U ne vous aime j^is iiioins que tous ses autres sujets.

Charles Emanu(*l a une religion trop éclairée pour croire que la dif- férence de culte soit un motif pour opprimer mo j^crsécuier ; croyez que, convaincu de Votre fidélité, il n'omettra rien pour vous prouver sa ten- dresse et Sa bienveillance. En vous ixirlant ainsi je puis croire et me

Vive if Jésus.

Monsieur,

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fletter d'être le fidèle interprète des sentiments de S. M. enxers les Iiabitans des Vallées et j'espère qu'elle vous en donnera bien tôt des 7wuvelles preuves, en vous accordant un Juge qui réside à la Tour, et puis le reste dont vous ,m.*a/vez fait la confiance.

Ce qui regarde la Judicature, il serait bon de présenter au plus tôt une Supplique dans la qu£lle vous faites observer les justes motifs qui vous engagent à demander cette innovation, vous pouvez envoier cette Supplique à M.r le Comte Général Zimmermann votre respectable et zélé protecteur, qui la présentera au Roi ou au Ministre et soyez per- suadé que je n'omettrai de via part pour appuier votre juste demande et vous la faire obtenir.

Ah ! nion cher M.r Giaymet, peut-on sentir une consolation plus tou- chante, peiit-on jouir d'un bien plus vrai et plus solide que de tra- vailler et de coopérer à lier les cœurs des Iwmmes? Ah! Monsieur, tous les maux, tous les schismes, toutes les rébellions, tant en fait de Religion que de politique, sont produits de l'envie et de la haine, ces deux monstres ont vomi tout le venin qui empoisonne l'Univers, et un zèle mal entendu, un zèle qui, au dire de l'Apôtre, n'est point selon la science de l'Evangile, a fait plus de mal que les sectaires les plus opi- niâtres. AJi! prions le Ciel qu'il nous éclaire tous, qu'il nous unisse tous par les liens de Vainour, de la CJiarité chrétienne, et puis nous verrons bientôt ce tems fortuné que Dieu nous fait espérer. Et erit unum ovile et unus Pastor. Unissons nous de cœur, unissons n&ios d'es- prit, et nous serons bien tôt unis de sentiment, c'est ce que me fait souhaiter et espérer la plus parfaite estime et les sentimens les plus distingués avec les quels je me ferai toujours gloire d'être

Monsieur

Votre très humble et affectionné serviteur D. Charles Emantjel ÌMììlderr de -AIelsene, R. T. curé de S.t Jacques de Coazze.

Ce 4. S.bre 1797.

* «

Vive t Jésus. Monsieur

J'ai reçu votre gracieuse lettre à son tems et pardonnez-^moi si vous ne pouvez pas dire autant de ma réponse, qui a été bien retardée malgré moi, pour des raisons que vous comprendrez aisément. J'aiimis de vous l'envoier par exprès au moins jusqu'à Pignerol, et il me fallait attendre l'occasion.

\

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J'espère bien, Monsieur, que vous serez persuadé de nia sincérité et que je ne désire rien plus ardemment que de vous en convaincre par Veffet du vif intérêt que je prends à tout ce qui vous regarde, et sur- tout pour vous faire obtenir ce qui vous était déjà accordé, mais qu'un zèle malentendu de quelques uns, j'ose bien le dire, et des scrupules déplacés ont fait suspendre, et tachent, putantes se obsequium prestare Deo, de V empêcher.

Le caractère vrai et sincère est trop essentiel à l'honnête homme et trop inséparable d'une ame droite pour n'en pas être jaloux et souffrir d'y donner quelque atteinte, 'même dans l'esprit des hommes. Non, Mon- sieur, jë ne viériterais pas l'idée que vous avez de moi, et je serais indi- gne de votre confiance, si je trahissais mon sentiment et ma religioiu Non, si je ne croiais que ce que voììs demandez au Souverain ne peut vous être accordé, sans intéresser la conscience ou la Religion domi- nante dans laquelle •nous avons le bonheur d'être nés, je serais très blâ- mable, et vous seriez le premier à .nie condamner, si j'osais solliciter S. M. en votre faveur. Mais puisqu'il ne s'agit que de transporter ou de changer de place, à plus \grande aisance et commodité des habitans, un temple ancien, dont la réedification vous a déjà été accordée, je ne vois point jjour quel juste et pressant motif on puisse engager le Sou- verain à rétracter cette permission légalement et solennellement donnée, et je vous assure de nouveau que je m'intéresserai et m' employer ai tout entier de bon cœur, pour instruire et persuader S. M. non seulement de la convenance, mais même de la nécessité d'approclier le temple des habitations, pour ne point exposer d'innocentes créatures au plus grand des malheurs, de mourir sans Baptême, comme on m'assure qu'il est arrivé et arrive encore très souvent, à cause de la distance du temple hors duquel il ne vous est point permis de les laver.

Vmis saurez, Monsieur, que depuis ma course dans votre Vallée j'ai déjà eu le bonheur d'approcher le Souverain, et étant instruit par M.r Peirot de quoi il s'agissait, je n'ai point négligé d'en parler à S. M.; la quelle, soit dit entre nous en toute confiance, j'ai trouvée très pré- venue contre l'affaire, et après avoir fait plusieurs objections contre les motifs que j'alléguais en faveur de vous autres, finit par me dire un peu sèchement: «Après tout cette affaire appartient à l'Evêque».

Je ne croiais pas prudent d'urger davantage le discours, me bornant à dire que j'espérais que S. M. m'aurait permis de lui détailler 7:ar écrit les motifs pour lesquels je croiais qu'elle ferait bien d'accorder la pétition.

Voici donc, Monsieur, oH en était la elione à mon départ de la Capi- tale. Si vous en avez quelques nouvelles ultérieures, vous me ferez

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plaisir à me les communiquer ^ vous priant quoiqu'il en soit d*étre tran- quille et bien persuadé que je ne crois pas toute espérance perdue. Je prendrai la confiance d'expliquer cette affaire nettement par écrit et de mettre en état le Souverain d'en juger et de la décider par lui-même. Je n'omettrai point en même tems d'en écrire aussi à Monseigneur l'Evêque et de plaider fortement votre cause, puisque je suis convaincu qu'il s'agit d'une chose juste et dont la réussite par conséquent me serait consolante, d'autant plus qu'elle wus serait une preuve de l'affectueuse estime avec laquelle je suis

Monsie^or

Votre très humble et tout dévoué serviteur Coasse, ce 2. 9.bre 1797. /. C. E. Mulderr de Melsene

R. T. Curé de la Paroisse de S.t Jacques.

XXXVL

Manifesto del Prefetto di Pinerolo agli abitanti delle Valli Valdesi.

In Arch. Tavola Valdese, XLIV, 24.

Pietro Ludovico Ruffino, Prefetto della Provincia di Pinerolo per S. M.

Essendosi la M. S. degnata con Regio Biglietto del giorno di ieri di commandarci cìie, con un nostro manifesto da pubblicarsi a luogo e modo soliti, rendiamo note agli abitanti delle Valli miste le infra teno- rizzate benefiche sovrane provvidenze e determinazioni, che, per un speciale riguardo al fedele attaccamento che li Religionarj abitanti in dette Valli hanno in ogni tempo dimostrato verso le persone della prelo- data M. S. e dei suoi Reali Predecessori, si è degnata di dare sulle do- mande stategli rassegnate dai Religionarj abitanti di dette Valli. Ciò eseguendo notifichiamo ad ognuno degli abitanti di dette Valli le surri- ferite ed infratenorizzate Reali provvidenze e determinazioni.

Contribuendo i Valdesi precipuamente alle spese del loro culto, sa- ranno esenti da ogni spesa riguardante l'esercizio e la manutenzione del culto cattolico. Non dovranno conseguentemente contribuire alla spesa del Cero Pasquale, per qualunque motivo siasi questa da qualche tempo in qua introdotta, e neppure al pagamento di decime, primizie ed altre simili prestazioni verso i Parrochi, le quali non siano loio dovute per ragioni di fondi stabili alli medesimi affetti, da essi Valdesi possedute, e di legittime convenzioni ; dovranno j)crciò, riguardo a queste ultime.

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i Parrochi stessi far fede dei loro titoli con farli passare, per mezzo dell'Ufficio di questa Prefettura, alla Segreteria di Stato per gii affari interni.

Potranno i Valdesi riparare e ristorare i loro Templi che ne abbiso- gnino, e così pure quelli ampliare in caso di necessità e trasportare in siti che più si credessero opportuni e convenienti, purché non se ne accresca il numero e con quelle condizioni e cautelle che -verranno alVoc- correnza prescritte dalV Intendente di questa Provincia, a cui dovranno alV evenienza dei casi ricorrere pei' ricevere la necessaria permissione e direzione.

Esser Reale intenzione che nelle Communità delle Valli miste di cat- tolici e Religionari, si osservi bensì esattamente il disposto degli antichi Editti prescriventi il maggior numero dei Cattolici nelle pubbliche am- ministrazioni, ma che volendo ciò essere nel .miglior modo possibile con- ciliato col disposto dal generale Regolamento, rispetto ai requisiti neces- sari per le persone da ellegersi in Amministratori di Communità, noii debba per conseguenza esser licito, in difetto di Cattolici registranti nel luogo, di prenderli in altre vicine Communità, e molto men di per- petuar l'uffizio d'administratore in un soggetto per mancanza di cat- tolici registranti da surrogarvisi. Volendo la prefata M. S. cìie all'eve- nienza de' casi se gli rappresenti l'occorrenze per mezzo dell'Uffizio Generale di Finanze, onde potervi addattare quelle Provvidenze che si crederanno convenienti, ed a questo effetto si faranno pervenire all'In- tendente della Provincia gli ordini opportuni.

Oltre all'esercizio del notariato sarà pure ai sudditi Valdesi per- messo di esercitare la Medicina a favore di quelli che sono della loro Religione, con ciò che vi siano ammessi previo quell'esame che sarà per tal fine prescritto, mandando come sovra pubblicarsi le aranti tenoi'iz- zate reali Provvidenze e determinazioni ai modi e luoghi soliti, affinchè siano rese note agli abitanti di dette Valli,

Pinerolo, li 26 Agosto 1797.

firmato all'oi'iginale : Ruffino

e manualmente come infra : Oddero, segretario.

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INDICE

I DOCUMENTI.

I. Lettera deirintendente Pagan al Moderatore Peyran 2)f7f/. 39 II. Supplica del pastore Mondou al Kc .... > 40

III. Lettera del pastore Mondon al Ministro Conte

Gr aneri >/ 40

IV. Lettera del pastore iMondoii all'Arcivescovo di Torino » 41 Y. Lettera del Ck^mandante Palina al -Giudice di Luserna » 42

VI. Instruction pour les Commandés au Prés scavoir

Compagnie Vola et Mus-set >/ 43

VIL Lettera del Governator-e del Forte Miralx)Cco ai Ca-

pit.ani delle Milizie \'aldesi , » 43

Vili. Ordine militare del Cr-otti al Capitano Volla . . » 44 IX. Lettera del Comandante Gaudin al Capitano A'olla . >/ 45 X. Instruction pour Messieurs les Capitaines des Mi- lices Vaudoises > 45

XL Lettera di Isacco Goanta aUo .-t udente di Lo-anna

J. J. JaUa » 47

XII. Ordine del Colonnello Gaudin alla Comuiiità di ban

Giovanni >- 48

XIII. Mots de campagne pour le/ Mois d'Octcln''; 1793 . > 49

XIV. Lettera del Colonnello Gaudin al Capitano \'oUe . 49 XV. Due « serve di Contenta » > 50

XVI. Une Saint-Barthélemi ciu'on avait ourdi contre le;>

Vaudois de La Tour, en 1791 .'^1

XVII. Lettera del .Maggiore Goanta al Capitano \'oUa . >■ 53 XVIII-XX. Complotto di strage contro i Valdesi ...» 54 Estratto del Compendio di Storia Valdese di Pieiii'

Bert, del 1S16. Estratto da un Memoriale anonimo, del 1814. Dalla « Notice sur l'état actuel des Eglises Vau- doises », del Coquerel. XXI. Relazione di tin Vicario foraneo al Vescovo di

Pinerolo v 5G

XXII. Bniet du Poi à S. A. R. Mgr. le Due d'Aoste . . > G2

XXIII. Copie de la lettre de Monseigneur le Due d'Aoste à

Monseigneur le Général Comte de Zimmermann . » G3

XXIV. Ordine del r^Iarchesc di Angrogna al Capitano Volla » G4

78

XXV-XXIX. Ordini Militari al Capitano Pietro Voila . pag. 65

Del Marchese di Luserna. Di Raynaudi di Belvedere (due). Del Magigiore Musset (due). XXX. Lettera del Capitano VoUa al Generale Gaudin . » '67 XXXI. » » » » al Comandante Vivalda . » 67 XXXII. » » » » al Marchese di Angrogna » 68 XXXIII. Ruolo di una Compagnia Valdese, nel 1795 . . » 69 XXXrV-XXXV. Lettere dei Curato C. E. Mùlderr de Mei- sene al pastore Pietro Geymet . . . . » 71

XXXVI. Manifesto del Prefetto di Pinerolo agli abitanti

deUe Valli Valdesi » 74

XXXVII. Etat de Messieurs les Officiers et Bas-OfRciers des

' Compagnies Milices Vaudoises de la Vallée Luserne » 76

NECROLOGIO

Due sensibili perdite ha fatte la Chiesa Valdese nelle per-sone del Mo- deratore Léger e del Professore Maggiore; i quali si distinsero fra gli altri per l'integrità della vita e la dignità delle cariche coperte. En- trambi benemeriti della Società di Storia Valdese, di cui furono soci e membri della Direzione per malti anni.

Bartolomeo Léger era nato a Pomaretto, il 2 Settembre 1863, da mo- desta famiglia di agricoltori. Orfano di padre, in tenera età, fu avviato agli studi dalla pia madre, desiderosa di vedere l'intolligente e buon

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ligliiiolo pastore ; e, traverso la Scuola Latina di Pomaretto ed il Collegio Valdese di Torre Pelliœ, giunse alla Facoltà di Firenze, dove attese cou fervore agli studi teologici, perfezionati poi con un anno alla Facoltà di Edimburgo. Fu consacrato pastore nel 1892 ; ma per alcuni anni lo tenne seco, come devoto secretarlo, il Presidente del Comitato di Evan- gelizzazione, Comm. Matteo Prochet, iniziandolo a qurlla vita ammini- strativa che lo aspettava più tardi. Per intima vocazione tuttavia volle essere pastore ; e lo ebbero apprezzato conduttore le Cliiese di Verona, Rodoretto, Ferrerò e Pomaretto, nella quale ultima trascorse gli anni più benedetti del suo ministerio, assistito dalla amatissima Madre e da una devotissima nipote, costituenti la sua cara famiglia.

Modesto qual era, la fiducia della Cliiesa lo chiamò ai più alti ufficì. Per ben trent'anni fu membro attivo della Tavola Valdese, con interru- zione di un anno soltanto, dal 1898 al 1928 : segretario, vice-moderatore, poi due volte moderatore, un settennio dell'antica Tavola e un settennio della Tavola unica. Ed è come amministratore che specialmente emer- sero le sue qualità di uomo integro, savio, prudente, disinteressato e be- nevolo, realizzante in sommo grado la bella definizione dell'amministra- tore : « pensoso più d'altrui che di stesso ».

Tenne altre cariche onor-evoli ancora. Fu per 5 anni membro della Commissione Ospitaliera ; e per 13 anni fu vice-pi^ idente della nostra Società di Storia Valdese.

Giovanni Maggiore era nato in Torre Pellice, il 30 Agosto 1862, da distinta famiglia. Valdese di nascita, per la madre soltanto, fu valdese di cuore quanto altil mai. Le Valli furono per lui come la «terra pro- messa », il paese desiderato per tutta la vita. Una bella carriera gli si apriva dinanzi, al servizio del Go\'erno, e poteva aspirare ai primi posti nelle primarie città ; ma, non appena fu pareggiato il Ginnasio Val- dese, egli concorse e vinse la cattedra di Scienze Fisiche e Naturali, preferendo ad ogni altro un modesto posto d'insegnante nel paesello natio, in servizio della sua piccola cara Chiesa, cui ben può dirsi con- sacrò tutta la vita operosa.

Fu professore nel più alto 'senso della paixxla, insegnando ed educando ad un tempo la sua scolaresca, amandola ed essendo da essa riamato, facendo dcUa scuola una seconda famiglia di cui fu sempre padre amo- roso. E per alcuni anni fu anche Preside, distinguendosi in quella carica per le sue doti più positivo di uomo d'oixline, di buon scuso, di oculata giustizia e di grande )3ontà.

Doti che rifulsero in tutti gli ufHcì che tenne Ipdevolmente, nella vita civile locale ; ma che emersero specialmente nella sua presidenza, note- volissima sotto molti rispetti, della Commissione degli Istituti Ospita- lieri, e nella sua qualità di membro laico della Tavola Valdese.

Come membro affezionatissimo della nostra Società, Giovanni Mag- giore merita un ricordo speciale, per il lungo ufficio di cassiere che vi sostenne, con gran disinteresse, dal 1892 finché la malattia non lo colse improvvisamente nel 1926.

* * *

I due egi^egi uomini mancarono ai vivi, a pochi giorni di distanza, nel Settembre 1928. Ben si comprende come ne fosse così generale e vivo il rimpianto.

DAVIDE JAIIIER.

TABLE DES MATIÈRES

du Bulletin 54

_

P. RIVOIRE - Notizie intorno alla Riforma in Italia nei

Secoli XVP e XVir pag. 5

D. JAHIER - Le Valli Valdesi durante la Rivoluzione, la Repubblica e l'Impero Francese :

Appendice della Parte /*; 1 Documenti . ...» 39

Indice » 77

D. JAHIER - Necrologio .79

li

1 1012 01474 7523

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